Il Decreto Legge 146/2021 sulla sicurezza sul lavoro è già stato contestato (si veda l’articolo di Beniamino Deidda del 12/11 e la lettera aperta di tecnici e medici del lavoro del 19/11). Una considerazione condivisa è che il ritorno a maggiori competenze delle strutture centrali (l’agenzia Ispettorato Nazionale del Lavoro – Inl costituita a fine 2015) offuschi l’esigenza di rafforzare i servizi che hanno le più estese competenze in materia come Usl/Asl/Ats, creando doppioni e confusione.

La competenza e l’autonomia regionale non permettono al governo di intervenire direttamente sulle assunzioni o sull’orientamento dei 21 servizi territoriali (con particolarità e differenze anche all’interno della stessa regione) e le prospettive di ulteriori autonomie differenziate non promettono nulla di buono.

Per mostrare una qualche attività, sono previste nuove assunzioni all’Inl e ne sono state estese le competenze oltre ai rapporti di lavoro, anche in tema di sicurezza. Congiuntamente si è operato per rendere più stringente lo strumento della sospensione dell’attività, riducendo dal 20 al 10 % il limite di lavoratori in nero per far scattare la chiusura ed eliminando la necessità di reiterazione di violazioni.

Basterà una violazione importante per far scattare la sospensione e non più il ripetersi della stessa tipologia di violazione nel corso di 5 anni (sempre che i diversi enti preposti riuscissero a tenerne il conto e a scambiarsi le informazioni). Vi è stata, da altre parti, anche una diversa obiezione che riguarda l’approccio dei servizi nei confronti delle aziende: il Dl è repressivo, i servizi All invece sono preventivi.

Detto così sembra che le strutture ministeriali siano i poliziotti cattivi e gli ispettori delle Asl quelli buoni che non puniscono ma che aiutano le aziende a mettersi a posto. Su quest’ultimo approccio (empowerment ed enforcement) in Lombardia sono stati fatti convegni amletici comprensivi di crediti formativi e permessi pagati per i partecipanti, e sono state scritte, controfirmate dai sindacati, delibere di giunta (2018) per assumere personale oramai al lumicino (– 40 % dal 1997) e a costo zero perché pagato con gli introiti delle sanzioni da utilizzare per programmi mirati di sostegno alle aziende.

Al momento del passaggio di consegne (1980 circa) delle competenze in materia di sicurezza dall’Ispettorato alle Ussl introdotte con la riforma sanitaria del 1978, erano in corso da tempo sperimentazioni come gli Smal (Servizi di Medicina per gli Ambienti di Lavoro) dove il servizio pubblico e i tecnici, medici del lavoro compresi, venivano permeati dall’iniziativa del movimento operaio: un approccio al tema della sicurezza non solo repressivo o solo post evento.

Questo confronto faceva sì che le vertenze sulla sicurezza in fabbrica erano un percorso di conoscenza e di intervento ove la Ussl faceva da arbitro tecnico e si confrontava con aziende e lavoratori. Era questa la novità, ricordata dal dr. Deidda, effetto del passaggio di competenze, mai però accompagnato da buonismo istituzionale. Tanto più che nel 1994 (D.lgs. 758) è stata introdotta una nuova modalità di intervento sulle violazioni.

Il tecnico Asl, in tenuta da Ufficiale di Polizia Giudiziaria riscontrata la violazione emette una prescrizione fissando un tempo di adempimento e, risolto il problema, ammette il contravventore a una sanzione in via amministrativa senza ulteriori conseguenze penali (se non ci sono di mezzo anche lesioni per infortuni o malattie professionali). Dal 1994 il tecnico svolge funzioni che prima erano del pubblico ministero il quale viene ora coinvolto solo se i diversi passaggi di eliminazione della violazione e pagamento della sanzione non hanno buon fine. L’allargamento dei casi di sospensione dell’attività appartiene a questo approccio che è repressivo ma con un obiettivo anche di carattere preventivo. Questo modello è stato considerato così positivo da esser poi esteso anche ai reati ambientali meno gravi dalla legge sugli «ecoreati» (Legge 68/2015).

Le novità introdotte con la riforma sanitaria si sono via via scolorite perché entrambi i soggetti, servizi e lavoratori, sono cambiati. Per esempio, è difficile sostenere una continuità di elaborazione e proposta da parte di lavoratori appartenenti a Gruppi omogenei di rischio se i loro contratti sono precari, come pure è impossibile un rapporto equo con i lavoratori dove vige l’aziendalizzazione dei servizi e, oltre alla riduzione degli addetti, il pareggio di bilancio conta più della qualità dell’intervento.

Da ultimo: è vero che una Procura Nazionale “infortuni” non potrà avere una funzione preventiva in quanto può solo migliorare le indagini e il successivo andamento del processo ma assicurare la certezza della pena (come del controllo) può avere effetti positivi modificando l’atteggiamento spericolato di molti, troppi, datori di lavoro.

 

* Presidente Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione