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Sì all’impeachment dell’inciter-in-chief, Trump è già furioso

Sì all’impeachment dell’inciter-in-chief, Trump è già furioso6 gennaio 2021, Donald Trump durante il comizio a Washington a cui seguirà l’assalto a Capitol Hill – Ap

Stati uniti Il Senato approva il processo all’ex presidente, sei repubblicani votano con i Dem. L’obiettivo è impedirgli di correre nel 2024. L’accusa mostra il video dell’assalto del 6 gennaio e ricostruisce le fasi dell’incitamento

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 11 febbraio 2021

Con 56 favorevoli e 44 contrari, martedì il Senato statunitense ha votato per procedere con il processo di impeachment dell’ex presidente Donald Trump, respingendo la mozione dei suoi avvocati secondo cui la messa in stato di accusa di un ex presidente sarebbe incostituzionale. La maggior parte dei repubblicani si è schierata con Trump, solo sei hanno rotto le fila del partito e si sono uniti ai democratici.

I responsabili dell’impeachment della Camera, nel premere perché il processo procedesse, hanno affermato che Trump ha giocato un ruolo determinante nell’incitare la sua base ad attaccare il Campidiglio il 6 gennaio (morirono 5 persone): deve essere ritenuto responsabile e condannato.

Ieri si sono tenute le discussioni di apertura del processo che dovrebbe durare fino alla fine della prossima settimana: le sedute cominciano nel pomeriggio, troppo tardi per noi, e dureranno circa otto ore. Cominciano i responsabili dell’impeachment della Camera, vale a dire i senatori che svolgono il ruolo dell’accusa. A disposizione hanno un massimo di due giorni (16 ore in totale) per illustrare il loro caso; poi sarà il turno degli avvocati di Trump che avranno lo stessotempo per presentare la loro difesa.

Il deputato democratico Jamie Raskin del Maryland, capo responsabile dell’impeachment, ha aperto martedì gli argomenti formali del processo con un appello accorato e profondamente emotivo rivolto ai senatori di entrambi i partiti, sostenendo che il Senato ha non solo il potere legale, ma il dovere di processare un ex presidente per cattiva condotta, se questa cattiva condotta è ciò che ha portato a un tentativo di capovolgere il risultato di un processo elettorale democratico.

Lo si è visto nel video di 13 minuti mandato dall’accusa con le immagini dell’attacco a Capitol Hill. Durante il video molti senatori si sono messi le mani sugli occhi o hanno respinto le lacrime: difficile ricordare un’altra occasione in cui un processo si è svolto esattamente sulla scena del crimine. Senza dimenticare poi che una parte dei giurati al tempo del reato era il target, l’altra aveva svolto un ruolo nel provocarla.

«Le prove dimostreranno – ha continuato ieri Raskin – che Trump non è stato un innocente spettatore e ha chiaramente incitato l’insurrezione del 6 gennaio. Le prove mostreranno che ha abbandonato il suo ruolo di commander-in-chief ed è divenuto l’inciter-in-chief». Gli ha fatto eco un altro deputato dem dell’accusa, Joe Neguse, che ha ricostruito le fasi del piano trumpiano, iniziate con le continue accuse di frodi elettorali, con lo slogan «stop the steal» (stop al furto), fino all’assalto.

Lo stesso ha fatto ieri il deputato Eric Swalwell presentando la cronologia dei messaggi e degli annunci a pagamento: il fondo legale di Trump ha investito 50 milioni di dollari per distribuire accuse di frodi fino al 6 gennaio
David Schoen, uno degli avvocati dell’ex presidente, ha deriso l’accusa per aver mostrato il video, dicendo che era stato «progettato da esperti per terrorizzare voi e i nostri colleghi americani» come se un impeachment «fosse una sorta di sport sanguinario»: «Questo processo farà a pezzi il Paese, come abbiamo visto forse solo una volta nella nostra storia», ha detto Schoen, con un apparente riferimento alla Guerra civile.

Dal momento che Trump non è più presidente, la questione principale è se gli debba impedire di ricoprire future cariche federali, ovvero di correre per un altro mandato nel 2024, come The Donald ha già ventilato e come pare stia ripetendo, paragonando il periodo della presidenza Biden all’intermezzo durante il suo reality show, The Apprendice.

I democratici, per perorare la propria causa, sembrano aver deciso di non chiamare alcun testimone: la prova migliore, sostengono, è quanto già visto nel video, affidandosi alle prove e al carico emotivo che veicolano. I legali di Trump, invece, non hanno nemmeno bisogno di una linea difensiva: i repubblicani sono arrivati al processo già convinti, non dell’innocenza del tycoon, ma della necessità di salvarlo, a ogni costo.

E poi c’è Trump: se durante il primo impeachment, l’allora presidente tempestò Twitter con i suoi messaggi, stavolta resta in silenzio (obbligato, visto che i social lo hanno messo al bando). Da tre settimane arroccato a Mar-a-Lago, in Florida, ha sospeso le partite di golf per seguire il processo in tv, rivela la stampa Usa.

E non è affatto contento: secondo Politico, «è sempre più frustrato» dall’abissale differenza tra la potenza del messaggio dell’accusa e la debolezza di quella del suo team legale. Da parte sua Trump ha già fatto sapere di non voler essere chiamato a testimoniare. Comunque vada il Gop non lo abbandonerà.

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