Semia, fondo femminista
Intervista Racconta il suo lavoro Paola Di Leo, consulente strategica per organizzazioni del terzo settore, e presidente di Semia, il primo fondo femminista nato per sostenere organizzazioni, gruppi, collettivi, attiviste e attivisti impegnati ogni giorno per rendere l’Italia un Paese più inclusivo e più equo
Intervista Racconta il suo lavoro Paola Di Leo, consulente strategica per organizzazioni del terzo settore, e presidente di Semia, il primo fondo femminista nato per sostenere organizzazioni, gruppi, collettivi, attiviste e attivisti impegnati ogni giorno per rendere l’Italia un Paese più inclusivo e più equo
La finanza è uno spazio di potere in grado di influenzare decisioni politiche che condizionano le soggettività producendo e riproducendo disuguaglianze di genere, razza e classe a livello globale. L’intelligenza artificiale, le blockchain e la decentralizzazione stanno ridefinendo il nuovo processo di valorizzazione del capitale e l’industria finanziaria, ma la violenza economica che colpisce le donne è la terza forma di abuso più diffusa, dopo quella psicologica e fisica. L’Italia investe poco e male per colmare il gap di genere. Servono più dati, più soldi, e politiche migliori.
Semia è il primo fondo femminista nato per sostenere organizzazioni, gruppi, collettivi, attiviste e attivisti impegnati ogni giorno per rendere l’Italia un Paese più inclusivo e più equo. Paola De Leo, consulente strategica per organizzazioni del terzo settore, è la presidente di Semia. Gli ultimi 25 anni l’hanno vista impegnata come professionista nella promozione dei diritti umani a livello internazionale in organizzazioni come Amnesty International, Save the Children e l’UNHCR. Tre anni fa dall’incontro con Miriam Mastria, rientrata in Italia dopo anni di lavoro con il fondo femminista messicano, hanno deciso di mettere insieme competenze e chiarezza di idee per dotare l’Italia di questo nuovo strumento.
Paola serve un fondo femminista? E quali sono gli obiettivi?
I fondi delle donne, o fondi femministi, sono speciali fondazioni che in tutto il mondo raccolgono ed erogano risorse per supportare in maniera capillare i movimenti per i diritti delle donne e di genere. Oggi sono circa 40 i fondi femministi nel mondo e 12 sono in Europa.
Dalla prima mappatura del movimento femminista italiano che Semia ha condotto nel 2023 si sono rilevate alcune debolezze strutturali del movimento per la promozione e la difesa i diritti di genere nel nostro paese. La ricerca ha individuato sul territorio oltre 1000 organizzazioni formali e informali, perlopiù di piccola dimensione, che si sostengono con autofinanziamento e lavoro volontario. il 61,41% delle organizzazioni lamenta la mancanza di fondi, mentre il 44,56% denuncia carenze di tipo strutturale e organizzativo, mancanza di strumenti di pianificazione, di progettazione e di sostenibilità, così come l’impossibilità di assumere risorse umane professionali per la gestione di aree strategiche come la raccolta fondi, la progettazione e la comunicazione. Questa condizione di diffusa insufficienza di risorse mette a dura prova la capacità delle organizzazioni di sopravvivere e operare, aprendo la prospettiva di un progressivo indebolimento del loro ruolo sociale.
Semia è «un fondo per incrementare le risorse finanziarie, organizzative e progettuali dell’ecosistema femminista, transfemminista e di genere in Italia al fine di migliorarne l’operatività e l’impatto». Come funziona un fondo femminista?
Il modello filantropico del fondo delle donne è basato sull’assunto che un movimento per i diritti di genere ampio, diffuso, sostenibile, creativo e connesso, sia capace di trasformare la società con un approccio dal basso, rendendola più aperta e inclusiva, e mettendo al centro i diritti e le libertà fondamentali delle donne e delle libere soggettività. Ma è soprattutto la strategia operativa dei fondi delle donne a presentare elementi di grande innovazione rispetto alle fondazioni tradizionali. I fondi femministi si considerano parte dell’ecosistema femminista, in una posizione di prossimità e ascolto verso le organizzazioni del movimento, e lavorano con un forte accento sui «soggetti» che compongono il movimento e sul rafforzamento strutturale delle sue organizzazioni.
Da dove provengono i soldi del fondo?
La start-up di Semia è stata inizialmente finanziata da fondazioni europee e internazionali impegnate nel perseguimento dei diritti di genere in Europa. Adesso, abbiamo iniziato la ricerca di fondi anche in Italia, ma non è semplice! Qui la filantropia ha storicamente una scarsa sensibilità per i diritti di genere e un atteggiamento piuttosto negazionista sul problema, anche se oggi forse le cose si stanno muovendo. Tipicamente, i fondi provengono dalla collaborazione tra il fondo femminista e le fondazioni tradizionali ma anche da donatori e donatrici individuali e dalla raccolta presso il pubblico che condivide i nostri valori e che vuole contribuire. Per questo abbiamo lanciato la nostra prima campagna social Insieme diamo fondi al femminismo e la prima campagna per il 5×1000.
L’esclusione finanziaria e sociale sono i fenomeni cui sono più esposte le donne e le libere soggettività. Qual è la strategia di Semia per contrastare le diseguaglianze?
Il fondo femminista si pone filosoficamente come uno strumento di supporto e non di indirizzo verso il movimento e dunque si pone in una posizione di ascolto e di collaborazione orizzontale, basandosi sull’esperienza e sulle conoscenze delle organizzazioni beneficiarie e di ciò che il movimento reputa importante. Questo approccio garantisce la comprensione dei bisogni reali delle organizzazioni che lavorano per smantellare le strutture di discriminazione a livello locale.
Quali saranno le aree su cui Semia focalizzerà in particolare il suo sostegno?
Semia sosterrà le organizzazioni beneficiarie in tre aree identificate dal movimento femminista e di genere italiano come le più urgenti e le più allarmanti in termini di indicatori. Si tratta di autodeterminazione e diritto di scelta, di occupazione, indipendenza economica e giustizia economica e di educazione alla consapevolezza e sostegno all’attivismo. La nostra mappatura ha rilevato che oltre il 50% delle organizzazioni intervistate dichiara che la propria missione primaria è «contrastare la violenza di genere». Tuttavia, se affrontare la violenza di genere è un’emergenza innegabile e drammatica in tutto il mondo, questa è solo una delle criticità nel contesto italiano dei diritti delle donne e della parità di genere. Le cause strutturali della violenza e della discriminazione – e in particolare la dilagante disoccupazione femminile e la conseguente vulnerabilità economica delle donne italiane – sono affrontate da un numero minore di organizzazioni e crediamo vadano attivamente sostenute, specialmente nelle regioni meridionali.
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