Nel 1524, alla periferia di Mosca, sorse il convento di Novodevichij, in ricordo della conquista di Smolensk durante la ben nota guerra russo-lituana. Durante il periodo sovietico, quel luogo di culto cambiò il suo nome, privilegiando una fede diversa, cioè quella nel rivoluzionario Pjotr Kropotkin. È proprio davanti a questo edificio che, a fine giugno, pochi giorni fa, è sorta un’immagine. Pare sia stata opera di Vostok, spesso autore di graffiti. La scritta diceva «la forza di credere nella verità». Oggi questa scritta non c’è più e l’artista non rilascia dichiarazioni ufficiali.

Aggirandosi per Mosca, da settimane, può capitare di incontrare degli omini Lego o in plastica, che esprimono tutta la loro indignazione per quel massacro che sta accadendo nella vicina Ucraina, un tempo sorella. I giovani artisti si sono inventati diversi modi per manifestare il loro totale dissenso verso il governo di Mosca. La loro «operazione speciale»? «Attacchi d’arte» – li chiamano – diffusi per le loro strade, senza raccontar nulla ai loro genitori. Uno di questi «attacchi» è quello del movimento artistico Malekin Piket, partito da San Pietroburgo, ma ben più diffuso, da maggio, per le strade della capitale. Che cosa dicono questi omini in plastilina o in terracotta o in lana? Quello più noto è vestito di blu, con un evidente contrasto rispetto ai capelli biondi, per ricordare i vividi colori ucraini e in mano un cartello, con scritto, semplicemente, «Bucha».

Uno degli artisti, volutamente anonimi, ci ha detto: «Non servono tante parole per ricordare l’orrore subito in quella cittadina del nord, come nella Mariupol del sud. A noi basta testimoniare – anche se in forma anonima – e soprattutto insinuare il dubbio in chi si informa solo attraverso le voci della propaganda (cioè quasi tutte quelle provenienti dai media)». A chi li accusa di fare un gesto inutile, questi adolescenti rispondono: «Ma che cosa c’è di più inutile della guerra? L’arte fa germogliare i pensieri. La guerra uccide mente e corpo».

Intanto, in un noto cinema di Mosca, in queste ore, è apparsa una figurina al femminile, che dice: «Soldati, andate a casa. Il nemico non è l’Ucraina». L’obiettivo di queste ragazze e ragazzi russi? Raggiungere almeno le mille postazioni sparse fra le principali città della loro vasta terra. Ma non è tutto qui il dissenso di questi giovani! Vova Gupalov, per almeno tre settimane dall’inizio dell’invasione, ha riempito i quartieri più periferici di Mosca con scritte per la pace, riprendendo un suo noto murales del 2007 alla stazione di Babushkinskaja: questa volta lo squalo, uno dei suo soggetti preferiti, non ha una faccia anonima e animalesca, ma il volto dello zar del Cremlino, che mostra i denti. Dice Gupalov: «Inizialmente avevo pensato di riprodurre quel murales aggiungendo il terrore insinuato dallo squalo verso pesci più piccoli, ma l’arte non ha bisogno di retorica stucchevole. Non trovo onesto raffigurare gli ucraini come pesci piccoli. Si stanno opponendo da giganti e non farei un buon servizio alla verità né alla storia. Conta invece il fatto che quello sguardo di squalo abbia il volto inferocito, a prescindere da chi guardi».

La protesta dei più giovani si affianca a quella degli artisti più noti e coi capelli bianchi. Vladimir Ovchinnikov – artista e ingegnere – ha trascorso decenni a dipingere murales nella sua piccola città, a sud di Mosca, ma, ad aprile, ha scoperto casualmente, grazie al suo vicino di casa, che alcune delle sue opere non sono più apprezzate dopo l’invasione russa dell’Ucraina. «Ci hanno dipinto sopra», ha detto Ovchinnikov, 84 anni, al momento residente in un villaggio vicino a Borovsk, a due ore di auto dalla capitale russa. Ovchinnikov aveva dipinto una bandiera ucraina su un lato dell’edificio, ma è stata ricoperta di vernice bianca. Dopo averlo saputo, si è precipitato dinanzi a quel murales coperto… Ha tirato fuori una matita nera e ha iniziato a disegnare una colomba bianca sull’intonaco. Un passante, vedendolo, gli ha detto che avrebbe chiamato la guardia municipale, ma Ovchinnikov ha continuato senza paura. «Alla mia età, non ho paura di niente Gli adolescenti fanno bene a protestare perlopiù in forma anonima. Hanno una vita per difendere la libertà e le loro idee», ha risposto. «Se ci sono denunce contro di me, se mi dovessero arrestare, nessuno ne soffrirà. Neanche io. Non mi piace questo volto senz’anima della Russia. A me piace la Russia della maestosa letteratura e ho sempre sorriso divertito leggendo il poeta Aleksandr Blok in Sciti. Noi non dovremmo far paura. Sì, siamo diversi dall’Occidente, ma questo non vuol dire peggiori, né senza scrupoli. Oggi, invece, mi vengono tanti dubbi… Perché, per noi, non esiste il limite del Purgatorio? Perché vediamo le cose in maniera così maledettamente bipartita?».

Come noto, da quando la Russia ha inviato truppe in Ucraina, il 24 febbraio, le autorità si sono mosse contro ogni segno di opposizione, anche artistica, all’«operazione militare speciale» nel Paese filo-occidentale. Migliaia di manifestanti sono stati arrestati, i media indipendenti sono stati chiusi e diverse persone condannate e multate, in base a una legge che ritiene reato «screditare» le forze armate russe. Screditare diventa, in questo caso, sinonimo di «disegnare». Ovchinnikov è uno di questi dissidenti. È stato multato per 35.000 rubli dopo aver disegnato una bambina con i colori della bandiera ucraina, con tre bombe appese sopra la sua piccola e bionda testa, su un edificio fatiscente a Borovsk. Anche quest’opera è stata imbiancata. Ad oggi il vecchio ingegnere ha ricevuto più di 150 donazioni dalla gente del posto – ovviamente concittadini russi – per aiutarlo a pagare l’assurda multa. Ovchinnikov è molto noto in città, soprattutto per un disegno parietale sulla liberazione della sua regione dalle truppe naziste nel ’42. Quel dipinto non è stato cancellato e lui commenta, citando la giovane artista, che si fa chiamare Slava: «Com’è possibile che la storia non lasci briciole o graffiti per strada?».