Se ne va Chubais, il più conosciuto membro dell’élite a lasciare Mosca
Anatolij Chubais è il più conosciuto esponente dell’élite russa ad avere lasciato il paese in aperta polemica con l’intervento militare in Ucraina. La notizia l’hanno data ieri diverse agenzie di stato, compresa Interfax. Il sito internet del quotidiano Kommersant ha pubblicato una sua fotografia scattata all’aeroporto Ataturk di Istanbul. Cappotto scuro, berretto nero abbassato sulla fronte, Chubais ritirava denaro a uno sportello bancomat. Come se fosse un turista poco previdente.
LA SUA STORIA POLITICA dice ben altro. Nel 1994, a quarant’anni, è stato vicepremier nel governo di Viktor Chernomyrdin. In quell’epoca complessa, fra privatizzazioni, guerre al terrorismo e riforme liberali è riuscito a mantenere il posto per due mandati, sino al ’98. Poi Boris Eltsin ha lasciato il Cremlino. L’era di Putin ha avuto inaspettatamente inizio. E Chubais è diventato l’anello di collegamento fra il nuovo corso della Russia e le grandi aziende straniere decise a investire nei sobborghi di Mosca, soprattutto nel settore delle nuove tecnologie, un comparto di cui Chubais è stato per oltre un decennio l’amministratore unico attraverso la società statale Rosnanotech.
DA ALCUNI MESI Putin lo aveva nominato rappresentante all’Onu per il clima. Insomma, avrebbe potuto ritirarsi dalla vita pubblica in tutta serenità. Ha deciso di anticipare i tempi con una scelta che rischia adesso di aprire una frattura reale nell’enclave di Putin. «È vero, Chubais si è dimesso e se n’è andato. Sono affari suoi», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. La sorpresa è evidente. Così come il nervosismo. Una settimana fa Putin ha chiesto al paese di distinguere i patrioti dai traditori e di sputare fuori questi ultimi come si fa con i moscerini che entrano accidentalmente in bocca. La linea che segue è chiara e logica e temibile. Vuole equiparare il dissenso al tradimento. Nel racconto ufficiale Chubais sarà descritto come uno di quei moscerini da sputare fuori. Per Putin, però, sarà difficile spiegare come mai lo abbia tenuto in bocca così a lungo, ammesso che qualcuno glielo chieda.
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Sanzioni Ue più aspre, nella lista nera anche Putin e LavrovNON SI TRATTA in ogni caso dell’unico movimento registrato in queste ore a Mosca. Uno dei vicepresidenti della Banca centrale, Sergei Shvetsov, si è dimesso dal prestigioso incarico che gli avevano affidato nel 2014. Per otto anni ha fatto parte della squadra di economisti che ha costruito la cosiddetta «Fortezza Russia», il sistema economico con cui il paese ha risposto, e lo ha fatto in modo egregio, alle sanzioni dell’Europa e degli Usa per l’integrazione di Crimea e Sebastopoli. Shvetsov continuerà il lavoro per la Banca centrale, ma da consulente esterno. La sua scelta ha riportato l’attenzione sulla governatrice, Elvira Nabiullina, una figura di primo piano negli equilibri di potere federali, che gode di estremo riguardo anche all’estero. Secondo voci rigorosamente non ufficiali raccolte nell’anello dei giardini da alcuni siti internet, Nabiullina si sarebbe licenziata il giorno stesso in cui l’esercito è entrato in Ucraina.
PUTIN HA ASSUNTO quella decisione con un numero esiguo di consiglieri, tutti degli apparati militari, escludendo il team economico. Lo stesso Putin, la scorsa settimana, ha proposto a Nabiullina di portare a termine un altro mandato alla guida della Banca centrale. Sarebbe il terzo consecutivo. La questione pare ancora aperta. Potrebbe esserci lei dietro la richiesta avanzata ieri da Putin ai paesi europei di pagare il gas russo usando esclusivamente il rublo. Le difficoltà del Cremlino sono dimostrate da un altro evento passato sino a questo punto sotto silenzio in Europa.
AI PARLAMENTARI di Russia Unita, il partito putinista che ha la maggioranza alla Duma, è di fatto impedito di lasciare il territorio della Federazione russa senza l’esplicito via libera del loro capogruppo, Vladimir Vasiliev. «La decisione è vecchia di mesi», ha detto il capo del comitato esecutivo, Aleksander Sidyakin. Almeno in questo, i normali cittadini possono dire di avere un privilegio rispetto ai loro politici. Trecentomila, secondo stime credibili, sarebbero partiti nell’ultimo mese.
Alla Duma hanno convocato una riunione per discutere il tema. Entro aprile si aspettano la fuga di settanta, forse centomila esperti di informatica. Si tratta solamente della prima ondata, dopodiché potrebbe avvenirne un’altra. È un’emergenza nazionale che il Parlamento può gestire per adesso soltanto con prestiti agevolati alle aziende tecnologiche per trattenere i dipendenti.
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