Lega e Fdi continuano la reciproca marcatura a uomo, sulle due riforme care ai due partiti, con i due iter parlamentari sempre più smaccatamente paralleli, come a non doversi più vergognare di smentire il non smentibile, vale a dire lo scambio politico delle due riforme. A confermare questo pactum sceleris, non è solo il sincronismo del cammino delle due riforme, confermato ieri da due decisioni di Camera e Senato. La conferma arriva anche da come sono state liquidate le proposte di alcuni volenterosi costituzionalisti illustrate lunedì. Stamattina sarà presentato un nuovo emendamento del governo che ci consegnerà la quarta versione del premierato.

Partiamo dall’iter delle due leggi. Stamani inizierà l’esame in Senato del ddl Casellati. Prima verranno votate le pregiudiziali delle opposizioni e poi il relatore Alberto Balboni (Fdi) illustrerà il testo. A quel punto di aprirà la discussione generale a cui sono iscritti già 90 senatori delle opposizioni. Morale della favola: visto il calendario pieno di decreti, non si potrà cominciare a votare gli emendamenti – che saranno almeno 2 mila – prima di due settimane. E proprio per quella settimana è stato deciso a Montecitorio che si comincerà a votare gli emendamenti sull’Autonomia, posta in calendario solo il 21 maggio. Insomma Fdi e Lega non concedono all’alleato nulla gratis. In compenso stamattina alle 10 scade il termine per gli emendamenti al premierato il che consentirà di conoscerne il numero esatto, e soprattutto permetterà di svelare il nuovo emendamento del governo sull’articolo riguardante le crisi di governo. La versione circolata ieri a Palazzo Madama confermava quanto affermato dal ministro Luca Ciriani, vale a dire che «sostanzialmente» il testo non cambierà.

È il ddl Casellati quater. La riscrittura riguarderebbe le situazioni di dimissioni del premier, con le tre opzioni: quella di chiedere il voto anticipato, quella di chiedere un reincarico magari cambiando maggioranza, quella di passare la mano ad un altro esponente della propria coalizione. La riscrittura riguarderebbe il primo caso: l’attuale testo afferma che il premier dimissionario «può proporre» lo scioglimento anticipato delle Camere al presidente della Repubblica che «lo dispone». La bozza circolata sostituiva «può proporre» con «ha facoltà di chiedere». Nelle intenzioni del centrodestra il Presidente della Repubblica deve sempre accontentare le richieste del premier dimissionario, ma le formulazioni linguistiche (a cui magari stanotte si è ulteriormente lavorato) nascondono la volontà di mascherare tali intenzioni per non da dare l’impressione all’opinione pubblica di coartare i poteri del capo dello Stato.

Significativa anche la reazione con cui il centrodestra ha accolto le proposte di un gruppo di Associazioni e costituzionalisti hanno proposto due soluzioni ad altrettanti «bachi» del ddl Casellati. Le proposte accoglievano la discutibile ipotesi del premierato elettivo, che è l’unica pregiudiziale del centrodestra, quindi spostandosi dal campo di gioco bipartisan a quello dell’attuale maggioranza. Eppure la risposta è stato un silenzio, quasi sprezzante.