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Scuola, è iniziato il mese più caldo: primo sciopero contro il «Decreto Erode»

Scuola, è iniziato il mese più caldo: primo sciopero contro il «Decreto Erode»Dvanti alla scuola – LaPresse

Il caso Neoliberalismo all'italiana. I sindacati di base si oppongono al blitz del governo Draghi che, senza confronto, intende agganciare il salario alla formazione obbligatoria mentre i contratti non sono rinnovati e il potere d'acquisto ristagna da anni. E il precariato non è superato e diventa un'altra corsa ad ostacoli. Anche i sindacati maggiori mobilitati vanno verso lo sciopero

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 maggio 2022

Con gli scioperi di ieri dei sindacati di base della scuola (Anief, Cub, Cobas Scuola, Unicobas, Usb, Cobas Scuola Sardegna) è iniziata la battaglia di primavera-estate contro il decreto «reclutamento e carriera» – ribattezzato «Decreto Erode» – con il quale il governo Draghi vuole tra l’altro scardinare definitivamente il sistema contrattuale dei docenti e rendere un percorso a ostacoli la vita dei precari senza risolvere il problema strutturale del precariato. Lo sciopero è stato indetto anche contro i quiz Invalsi e il Sistema nazionale di valutazione, «che hanno effetti retroattivi negativi sulla didattica, standardizzano gli insegnamenti, trasformano i docenti in «addestratori ai quiz», discriminano gli studenti con «Bes», trasformano la didattica in «competenze addestrative», impediscono lo sviluppo degli strumenti cognitivi e dello spirito critico..La stragrande maggioranza delle sigle ha condiviso la mobilitazione per la pace e contro l’aumento delle spese per armamenti e le servitù militari.

Stando al decreto approvato dal governo gli aumenti, sempre che ci siano, saranno discrezionali e non per tutti e, in più legati alla formazione decisa da una «Scuola di Alta formazione del sistema nazionale pubblico di istruzione» con il supporto dell’Invalsi e dell’Indire. Non si tratta di annullare la progressione salariale di anzianità, del resto annullata dall’inflazione crescente e comunque bloccata da anni, ma di inserire una specie di «salario di produzione» determinato in base al «rendimento» del docente che parteciperà a corsi di formazione triennali pensati alla luce della paccottiglia ideologica neoliberale. Dovrà così dimostrare la padronanza di «metodologie», ovviamente «innovative»; aprire le scatole vuote delle «competenze»; adattarsi a « attività di progettazione», «mentoring», «tutoring», «coaching». Insomma, come gli studenti, anche i docenti saranno i «performer» del «capitale umano» messi sotto esame, e valutati secondo criteri di rendimento, come in una fabbrica automatizzata. Su questa base allora verrà determinato il nuovo «salario di produttività», e non per tutti. Si parla di non più del 40% di coloro che ne faranno richiesta di «un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio». Per finanziare l’incentivo le risorse saranno recuperate da una riduzione degli organici del potenziamento ridotti 9.600 posti in 5 anni dal 2026. La chiusura di un cerchio con una scuola che non ha ancora recuperato i tagli Gelmini 2008-2010 e stipendi bloccati da anni. Questo significa inoltre istituire un regime di concorrenza tra colleghi che dovranno moltiplicare formazioni e progettifici per strappare pochi euro. Il Fondo per l’incentivo alla formazione è dotato di 20 milioni di euro. Arriverà a 387 milioni di euro dal 2031. I docenti sono all’incirca 800 mila.

Anche Flc Cgil, Cisl, Uil scuola, Snals e Gilda preparano lo sciopero, probabilmente il primo giugno o forse quello degli scrutini. Chiedono «radicali modifiche» al «Decreto Legge 36». Al tal fine ieri sono state convocate tutte le rappresentanze sindacali unitarie. Il 13 maggio ci sarà la convocazione dei direttivi unitari dei cinque sindacati. Il 4 maggio è stato dichiarato lo stato di agitazione. Sono previsti incontri con i gruppi parlamentari. «Stiamo organizzando una forte mobilitazione – sostengono i sindacati – a partire da un’imponente campagna di informazione capillare rivolta non solo al personale della scuola, ma anche alla società civile, alle famiglie e ai cittadini, cui va immediatamente evidenziato come tali provvedimenti non riconoscano la necessaria centralità alle politiche dell’istruzione e della formazione con scelte che rafforzino realmente il ruolo della scuola pubblica e democratica e il diritto allo studio».

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