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Scorie nucleari, Parigi sfiducia l’Italia e blocca il riprocessamento

Scorie nucleari, Parigi sfiducia l’Italia e blocca il riprocessamentoIl treno "nucleare" italia-Francia

Energia (post)atomica In Piemonte ci sono il 96% delle scorie italiane. Saluggia teme di diventare deposito permanente

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 10 settembre 2014

C’è un luogo in Italia, dove lo spettro del nucleare non riappare solo se esplodono Chernobyl o Fukushima o se si vota al referendum. È un posto dove con il nucleare si convive da decenni, il meno indicato per custodirlo: Saluggia (Vercelli), un nome – un marchio. Una zattera circondata da un fiume, la Dora Baltea, e due canali, Cavour e Farini, senza contare il Po in cui, pochi chilometri più a valle, la Dora confluisce. La quasi totalità dei rifiuti nazionali è stoccata qui, in depositi temporanei, in una zona alluvionale. Sì, proprio La’ suta (là sotto, ndr) come si intitola il recente film di Daniele Gaglianone, Cristina Monti e Paolo Rapalino.

[do action=”citazione”]In Piemonte ci sono il 96% delle scorie italiane[/do]

A Bosco Marengo (Alessandria) e Trino Vercellese gli impianti sono quasi completamente smantellati. A Saluggia no. La scorsa primavera, il governo ha, tramite decreto legislativo, attuato la direttiva Euratom, che «istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi». Si specifica come entro il 31 dicembre si debba definire un programma nazionale e così «i progetti o piani e soluzioni tecniche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento, ivi incluso il Deposito nazionale». Toccherà alla Sogin, la società statale che si occupa dello smantellamento degli impianti proporre una carta delle aree potenzialmente idonee, secondo i criteri stabiliti dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L’eternamente atteso sito nazionale dovrà essere pronto entro il 2025.

E qui, spuntano i tradizionali «Ma» all’italiana. Da alcuni anni, le barre di combustibile irraggiato sono trasportate dal Piemonte a La Hague, in Francia, per il riprocessamento, in vista di un ritorno futuro in Italia. Ora, la Francia ha deciso di sospendere il programma. Non per colpa delle contestazioni, che in Val di Susa sono stare rumorose, ma perché non si fida dell’Italia. Parigi attende, si legge nell’audizione alla Camera dell’Ispra, «concreti progressi in merito alla realizzazione del Deposito nazionale». E così, le ultime 47 barre aspettano ancora nella piscina dell’ex centrale Fermi di Trino e altre 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato nel vecchio deposito Avogadro di Saluggia.

«Se il combustibile non parte, lo smantellamento dei siti si ferma», dichiara, preoccupato, Marco Grimaldi, capogruppo di Sel in consiglio regionale, che prima dell’estate ha visitato i luoghi del nucleare in Piemonte. Ha preso carta e penna per scrivere una mozione che sarà discussa oggi in Consiglio e impegna il presidente Chiamparino a ribadire al governo che senza sito unico il decommissioning sarà incompleto. «Dopo la mappatura dei luoghi – aggiunge Grimaldi – si scelga la località idonea e protetta e si disimpegni Saluggia».

La paura è che prevalga la non scelta che ha fatto di Saluggia «una pattumiera nucleare». Legambiente contesta l’assurdità di proseguire con i «depositi nucleari temporanei» in costruzione nel comune vercellese: «Se tra dieci anni l’Italia avrà un Deposito nazionale per le scorie radioattive, il piano industriale di Sogin per i siti attuali perde di senso». Gian Piero Godio di Legambiente, storico no nuke elenca come l’assenza di prospettiva, sottolineata dai francesi, abbia aumentato un ingiustificato rischio e renda poco credibile lo Stato Italiano di fronte ai cittadini delle zone che ospitano gli impianti e che si vedono realizzare nuovi depositi nucleari in zone inidonee, definiti temporanei, ma di fatto senza scadenza».

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