Mentre il governo continua a disseminare false piste attraverso i giornali, informazioni confuse e parziali che impediscono all’opinione pubblica di apprendere cosa davvero intende fare sul «reddito di cittadinanza» e la sua trasformazione in un altra misura (che potrebbe anche non chiamarsi «Misura di inclusione attiva») ieri sono stati cambiati tra le polemiche i vertici dell’Anpal Servizi, una delle agenzie che dovrebbe occuparsi delle «politiche attive del lavoro».

L’ex presidente Cristina Tajani ha contestato la nomina al vertice della società in house del ministero del Lavoro e dell’Anpal di Massimo Temussi, manager considerato di area politica vicina al governo . In un’assemblea convocata ieri Tajani ha denunciato alla ministra del lavoro Marina Calderone, che ha proceduto d’intesa con il Ministero dell’Economia, «la nullità giuridica del decreto in quanto emesso in mancanza di potere, non essendo tra le attribuzioni dei ministri in carica quella di revocare e/o nominare i membri del Consiglio di amministrazione di Anpal servizi spa». La stessa Tajani ha anche annunciato che pende di fronte al Tar di Roma un ricorso, a sua firma, che sarà discusso il prossimo 5 aprile. Al ministero del lavoro Tajani ha contestato anche una generale assenza di indicazioni. Il decreto di revoca della sua carica sarebbe stato «il primo ed unico atto dell’ente vigilante al Cda». Fino a ieri il vecchio organismo non avrebbe «ricevuto un riscontro» dal nuovo governo.

La vicenda è interessante per lo scontro politico sulle nomine in agenzie pubbliche importanti, pochi giorni dopo che la presidente del consiglio Meloni ha auspicato la presenza di una donna alla guida di aziende pubbliche importanti. Il contrario di quanto è accaduto all’Anpal. E, salvo i curricula di uno dei componenti del nuovo Cda di Anpal Servizi vicini a Confindustria, rivela ancora una difficoltà nell’ individuare una direzione in un settore da cui dovrebbe dipendere ciò che anche questo governo ha definito «attivazione degli occupabili». Ad agosto, questi ultimi dovrebbero perdere il loro «reddito di cittadinanza» che sarà chiamato diversamente.

Anpal rapporto marzo 2023
Anpal rapporto marzo 2023

Ieri sono passati inosservati i dati dei centri per l’impiego aggiornati al 31 dicembre 2022, quelli da cui si desume sia il fallimento delle politiche attive del lavoro agganciate al «reddito di cittadinanza». Sono comunicati dall’Anpal, ma ieri non è stato fatto il consueto comunicato stampa. Il rapporto è stato però pubblicato sul sito. Il dato è conosciuto, ma resta del tutto sottovalutato nel «dibattito» in corso: Nel 74,3% dei casi i beneficiari soggetti al «Patto per il lavoro», cioè gli «occupabili», non hanno mai avuto un contratto di lavoro dipendente o in para-subordinazione nei 36 mesi precedenti il 31 dicembre 2022. Il 70,7% ha al massimo un titolo di scuola secondaria inferiore. Qualunque «politica attiva» non riuscirà mai da sola a inserire queste persone nel mercato, se non dopo anni. Ma, se non ci riusciranno, è prevedibile che la responsabilità sarà scaricata sulle loro spalle, e non sarà addebitata al sistema. Ieri, come domani, è questo il normale funzionamento del Workfare.