Lavoro

“Fuori tutti”. Oggi no shopping

“Fuori tutti”. Oggi no shopping

Sciopero I lavoratori delle grosse catene commerciali e cooperativa incrociano le braccia per il contratto, e invitano i clienti a non fare acquisti. Le aziende chiedono di ridurre i salari e aumentare gli orari. In linea con le idee della Confindustria

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 7 novembre 2015

Gli attacchi al contratto nazionale si moltiplicano, e ai lavoratori non resta che l’arma dello sciopero, per contrastare una deriva che si accompagna al consueto tentativo padronale di ridurre diritti e stipendi. Oggi tocca agli addetti della grande distribuzione, sia privata che cooperativa, e a quelli del commercio minuto legato a Confesercenti. Solo loro, perché il rinnovo del contratto nazionale con Confcommercio è già cosa fatta: «Ed è quasi paradossale che le aziende del piccolo commercio abbiano rinnovato il contratto e riconosciuto l’aumento salariale – osservano sul punto i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – mentre le grandi aziende, private e multinazionali, e le grandi cooperative non lo vogliano fare».

La giornata di sciopero, dopo ben 22 mesi di incontri infruttuosi, è stata lanciata con lo slogan «Fuori Tutti». Un chiaro invito a chi lavora nel settore ma anche all’immenso esercito degli “italiani consumatori”, che visti i prevedibili disagi potrebbero decidere, non solo per motivi etico-solidaristici, di disertare la tradizionale processione del sabato verso centri commerciali grandi e piccoli, supermercati e altri grandi punti vendita.

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Filcams Cgil & c. osservano che Federdistribuzione, Distribuzione cooperativa e Confesercenti hanno impostato la trattativa chiedendo, ancora una volta, un arretramento dei diritti normativi e una diminuzione del costo del lavoro. Più in dettaglio, Federdistribuzione lo vorrebbe fare attraverso la cancellazione degli scatti di anzianità; l’aumento della flessibilità dell’orario; norme di riduzione dei livelli retributivi, e l’indisponibilità a riconoscere l’aumento salariale con le stesse modalità del contratto di Confcommercio.

Infine c’è il tentativo generale di destrutturare il contratto nazionale, secondo i voleri di Confindustria. Con il paradosso che le aziende associate a Federdistribuzione, multinazionali in testa, in questi anni hanno disdettato i contratti integrativi, e cercato di ridurre il personale.

Anche nel potente mondo della cooperazione dominano i falchi, viste le richieste che tracciano la strada di un peggioramento delle condizioni normative ed economiche dei nuovi assunti; la diminuzione del costo dell’ora lavorata; la riduzione delle maggiorazioni per il lavoro straordinario, domenicale e festivo, supplementare e notturno; deroghe al contratto nazionale nelle regioni del Mezzogiorno, e la ribadita pregiudiziale del recupero del differenziale di costo tra il contratto della cooperazione e quello del commercio privato.

«I rinnovi dei contratti sono sotto attacco – tira le somme Maria Grazia Gabrielli, che guida la Filcams Cgil – e dilazionare molto i tempi forse porta con sé l’idea che dei contratti nazionali si possa anche fare a meno. Invece noi restiamo convinti della centralità del contratto nazionale, che va difeso e rafforzato in settori dove la contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale non c’è per tanti, e quella esistente è stata rimessa in discussione».

Oggi a Milano, Torino, Palermo, Napoli, Roma e in tutte le città dell’Emilia Romagna lavoratori e lavoratrici del settore saranno in presidio davanti ai centri commerciali e i punti vendita più importanti. In Toscana è stato organizzato un unico presidio davanti alla Prefettura di Firenze, mentre nelle Marche l’appuntamento regionale è in piazza Roma ad Ancona. Vicenza sarà l’epicentro della mobilitazione veneta, e Bolzano quella del Trentino Alto Adige.

In solidarietà con lo sciopero muove la Fiom («in questi difficili rinnovi contrattuali, la battaglia per il contratto nazionale è di tutti»), che invita a partecipare ai presìdi, e chiama a una giornata solidale di non-acquisto.

Intanto sui social, da Facebook a Twitter, si scatenava la “gara” a mostrare il cartello slogan – «Fuori tutti» – in un selfie: lo ha twittato dal suo account la segretaria Cgil Susanna Camusso, e poi tanti altri hanno fatto lo stesso.

Anche Rifondazione guarda alla flessibilità e precarietà del commercio: «Una guerra tra i poveri, voluta dai grandi gruppi e tutta ’casalinga’, perché il settore non è certo esposto alla
concorrenza internazionale». Se la trattativa non si sbloccherà, è già in programma un’altra giornata di sciopero unitario per il 19 dicembre. Nel pieno degli acquisti natalizi.

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