Nonostante le liti e i veti che hanno impedito a Nello Musumeci di ricandidarsi per il secondo mandato, il centrodestra si confermerebbe alla guida della Sicilia. Renato Schifani, secondo gli exit poll del consorzio Opinio-Rai, avrebbe 13 punti di vantaggio sul secondo, Cateno De Luca. Solo terza Caterina Chinnici, la candidata di Pd e Centopassi. A incalzarla Nuccio Di Paola, appoggiato dal Movimento 5 Stelle: tra i due pochi punti percentuali. Un quadro in linea con i primi sondaggi, anche se le ultime rilevazioni davano De Luca in forte ascesa, addirittura con un distacco tra 1 e 5 punti dall’ex presidente del Senato.

Secondo l’exit poll, Schifani avrebbe una percentuale tra il 37 e il 41 per cento. A «Scateno», come è stato soprannominato l’ex sindaco di Messina per la sua irruenza, viene attribuita una forbice del 24-28 percento. Sulla base di questi numeri, dunque, non inciderebbe sul risultato finale il voto disgiunto, la possibilità concessa dalla legge elettorale regionale di votare per una lista e per un candidato presidente di un altro schieramento. Proprio su questa ipotesi ha puntato De Luca in campagna elettorale sperando di intercettare voti nel bacino del centrodestra, confidando nei malpancisti che avrebbero preferito un altro candidato a Schifani. Ma se lo spoglio dovesse confermare il dato dell’exit poll il centrodestra dimostrerebbe di avere ritrovato l’unità – o almeno una tregua – dopo il duro scontro attorno a Musumeci.

Sul fronte del centrosinistra, invece, il risultato deludente di Chinnici (tra il 15,5 e il 19,5%) – ma non inaspettato per via di una campagna di basso profilo – sarebbe il preludio alla resa dei conti dentro al Pd dove c’è già un fronte che chiede la testa del segretario Anthony Barbagallo. Soprattutto se l’eurodeputata dovesse essere superata anche da Nuccio Di Paola (M5S), tra il 13 e il 17 per cento, nonostante il bagno di folla che aveva accolto Giuseppe Conte nel suo tour elettorale di tre giorni nell’Isola aveva fatto sperare in una volata finale. Certo è che con questi numeri, se Pd e M5S non avessero rotto l’alleanza che aveva portato a celebrare le storiche primarie di coalizione in Sicilia, il «fronte progressista» avrebbe potuto competere per la vittoria.

Al momento bocche cucite nei comitati elettorali dei candidati alla presidenza, nessun commento agli exit poll. Adesso riflettori puntati sullo scrutinio di oggi, comincerà alle 14. All’attesa per il nuovo presidente della Regione si aggiunge quella dei 900 candidati per gli scranni dell’Assemblea regionale siciliana: chi vincerà le elezioni avrà anche la maggioranza in aula per potere governare? E ancora, chi sarà il primo partito: il listone di De Luca o il Movimento 5 Stelle, che i sondaggi hanno sempre dato in testa? Nel centrodestra Fratelli d’Italia riuscirà a superare Forza Italia o ancora una volta Gianfranco Miccichè dimostrerà che in Sicilia è lui il leader indiscusso? Ce la farà la lista Centopassi a superare lo sbarramento del 5%? E davvero Totò Cuffaro riuscirà a superare la soglia e riportare il simbolo della Dc dentro il Parlamento siciliano? Oggi il verdetto ai tanti punti interrogativi. Come cinque anni fa, a vincere è stato l’astensionismo. Più della metà dei siciliani non ha votato, sintomo di uno scollamento con la società che la politica è incapace di risolvere.