Promesse spose, giovani spose, mogli, madri e magari vedove: è questo il percorso che attendeva una donna che non avesse scelto (o che non fosse stata costretta) alla vita religiosa fino a tempi recenti, e spesso anche nella contemporaneità.

STUDIOSA del Rinascimento soprattutto italiano e toscano (a partire dal celebre studio, con David Herlihy, sul catasto fiorentino del 1427), Christiane Klapisch-Zuber dedica al tema un nuovo libro: Matrimoni rinascimentali. Donne e vita famigliare a Firenze (secc. XIV-XV) (Viella, pp. 202, euro 25). Frutto di una raccolta di ricerche sparse, sulle quali l’autrice torna per dar loro ordine, il libro si presenta in realtà come un insieme coerente incentrato sulla vita delle donne e sul significato del matrimonio, colto in un momento peculiare, ossia appena prima che il Concilio di Trento non stabilisse nuove regole che l’avrebbero mutato. Siamo insomma al confine tra Medioevo ed età moderna.

La straordinaria conoscenza delle fonti acquisita dall’autrice le consente di passare dalla storia sociale e collettiva alle vicende di singole figure, tracciando in questo modo un quadro ricco di dettagli, che non scade però mai nell’aneddotico. Klapisch-Zuber si serve di fonti diverse, dagli archivi notarili all’iconografia ai carteggi alla trattatistica alla letteratura ai libri di Ricordanze, una fonte tipicamente fiorentina.

IL MATRIMONIO non si poteva intendere come un semplice patto, poiché intorno e attraverso ad esso si intrecciavano relazioni politiche ed economiche, si faceva sfoggio di ricchezze, si organizzava insomma una parte rilevante del discorso sociale. Per questo lo scambio pubblico di consensi non era sufficiente affinché un matrimonio fosse considerato veramente legittimo: erano richieste una dote e una visita pubblica alla casa del marito. La costituzione di questa dote dipendeva dalle strategie messe in atto dai padri, tema a cui l’autrice dedica un capitolo.

Largo spazio ha il concubinato che per gli uomini, soprattutto per i mercanti temporaneamente espatriati, poteva essere una pratica socialmente accettabile. La seconda parte del volume si concentra sulla vita delle donne dopo il matrimonio, e sul loro posto nella famiglia. La solidità del matrimonio, l’educazione dei figli e in particolar modo delle figlie, le regole della vita ordinata della famiglia mettevano al sicuro dallo spreco, inteso sia in senso economico, sia come eccesso.

UN ALTRO CAPITOLO presenta l’evoluzione delle leggi suntuarie che regolavano le spese legate al matrimonio. In caso di problemi, un matrimonio poteva essere annullato, ma era una pratica rara, così come non frequenti erano le separazioni, possibili attraverso una formalizzazione da far registrare da un notaio o dal tribunale. Tuttavia, di solito era la morte di uno dei coniugi a segnare l’unica fine possibile di un matrimonio.

Dopo la morte del coniuge maschio, per le donne la prima preoccupazione era conservare e gestire al meglio il patrimonio dei figli: il carteggio di Alessandra Macinghi Strozzi è essenziale nell’economia del libro. Pur dedicando il libro alla vita delle donne, Klapisch-Zuber sottolinea inevitabilmente come la scrittura sia prevalentemente maschile, il che significa soprattutto far chiarezza sulle molteplici sfaccettature del dominio maschile e della patrilinearità in una società, qual era quella fiorentina, in cui questi assetti erano assolutamente prevalenti. Come caso di studio, tuttavia, si presta a paralleli e confronti che si spera vedranno la luce.