Scatti d’archivio nella Milano anni 60, una giornata con Monica Vitti
Libri Uscito un libro fotografico di Sergio Strizzi, l'incontro con l'attrice nel periodo dei film con Antonioni
Libri Uscito un libro fotografico di Sergio Strizzi, l'incontro con l'attrice nel periodo dei film con Antonioni
Dopo l’esordio a metà degli anni Cinquanta, Monica Vitti ottiene la sua piena consacrazione nel 1960 con L’avventura di Michelangelo Antonioni. Presentato a Cannes nello stesso anno, seppur criticatissimo, il film già definisce pienamente il cinema di Antonioni quale riferimento assoluto nel panorama artistico internazionale. Seguirà nel 1961 La notte, ambientato a Milano e sempre a Milano nel 1960 Monica Vitti è protagonista di un curioso reportage a cura di Sergio Strizzi, romano e già fotografo di scena sui set delle produzioni di Ponti e De Laurentiis. Come spesso accadeva ai fotoreporter dell’epoca anche Sergio Strizzi non dava molto valore all’archivio: i lavori si susseguivano insieme ai set e ai viaggi e spesso molti reportage si perdevano del tutto o in parte e tra loro anche veri e propri documenti di un fare fotografia oggi quasi totalmente estinto, in cui l’incontro e la relazione generati procedeva e determinava gli scatti stessi in un rapporto di scambio tra la protagonista e il fotografo quanto mai fondamentale.
Immagini in bianco e nero e a colori che rivelano l’anima complessa dell’attrice
UN MOVIMENTO capace ancora oggi di comunicare con forza ed efficacia sentimenti vibranti mai sovrastati da un estetismo arido e non poche volte oggi così vacuo e più ambizioso e artificioso che necessario. L’archivio di Sergio Strizzi, scomparso nel 2004, ha così preso forma grazie alla solerte cura delle figlie, Melissa e Vanessa che hanno recuperato da stanze e cassetti, scatole e valige i negativi e gli scatti di reportage persi o del tutto scomparsi dalla memoria del padre. In alcuni casi come nel reportage dedicato a Monica Vitti, il ritrovamento ha destato stupore nello stesso Strizzi, al punto da esclamare ironicamente, dopo averle lungamente visionate, «Certo non sono male come fotografo!». Ora quegli scatti sono accolti in un bellissimo volume edito da Postcart, Un giornata con Monica Vitti con una bella e puntuale introduzione di Daniela Brogi. Il volume apre uno squarcio nella Milano bianciardiana degli anni Sessanta, Monica Vitti è nel capoluogo lombardo per apprestarsi alle riprese de La notte e l’occasione è buona per fare delle fotografie nel grattacielo da poco inaugurato, la cosiddetta torre Galfa. Meno nota e meno spettacolare del grattacielo Pirelli, la torre Galfa è frutto dell’architetto Melchiorre Bega su committenza dell’imprenditore Attilio Monti, già proprietario dello zuccherificio Eridania e in affari con Angelo Moratti ed Edoardo Garrone nel mercato degli idrocarburi.
SIAMO nel pieno boom economico, lo Statuto dei lavoratori è ancora lontano e la misura dell’arricchimento è quella di una speculazione e di uno sfruttamento aggressivo quanto feroce. La torre Galfa simboleggia un’idea di modernità in parte reazionaria, ma anche pienamente sostanziale. Milano non è mai stata così colma di cantieri e così grigia. Il cielo è offuscato dalle polveri delle fabbriche che nascono giorno dopo giorno e le strade sono affollate di migranti dal sud in cerca di fortuna o quanto meno di un lavoro.
SOLO apparentemente lontano da questo caos e dal suo frastuono si staglia la bellezza avvolgente di Monica Vitti fotografata negli spazi deserti ed essenziali del grattacielo. Appare con ironia e cupezza allo stesso tempo a occupare e a rivitalizzare una modernità spigolosa e funzionale. Se nel bianco e nero Strizzi sembra indagare lo sguardo infinito di Monica Vitti negli scatti a colori offre l’irriducibilità di un corpo capace di restituire luce e senso a un tempo che dovette scendere a molti compromessi, primo fra tutti quello verso una felicità offuscata da angoscia e ansia, patologie inedite di una modernità capitalistica dominante che Monica Vitti (con Antonioni) seppe rappresentare e denunciare.
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