Economia

Scandalo Volkswagen, Berlino sapeva, Grünen scatenati

Scandalo Volkswagen, Berlino sapeva, Grünen scatenatiMerkel durante una visita in una fabbrica Volkswagen – Lapresse - Reuters

C’è un dato non economico che dà la misura dello scandalo Volkswagen: in Germania ci sono 5 milioni di malati di asma. Ciascuno di loro, potenzialmente, è una vittima della […]

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 23 settembre 2015

C’è un dato non economico che dà la misura dello scandalo Volkswagen: in Germania ci sono 5 milioni di malati di asma. Ciascuno di loro, potenzialmente, è una vittima della gigantesca truffa organizzata dalla casa automobilistica, perché le emissioni diesel eccessive aggravano le loro condizioni di salute. Ciò significa che 5 milioni di tedeschi potrebbero ipoteticamente trovare una via legale per ottenere risarcimenti dall’azienda guidata (chissà per quanto ancora) da Martin Winterkorn.

E se si dovesse dimostrare che il governo federale era al corrente della frode, come sostiene il vice-capogruppo dei Verdi Oliver Krischer, la bufera rischierebbe non solo di danneggiare seriamente l’azienda, ma di travolgere il ministro dei trasporti Dobrindt, e forse anche la cancelliera Merkel e l’intero gabinetto di grosse Koalition.

L’accusa dell’esponente ecologista si basa sulla risposta scritta a un’interpellanza parlamentare che risale alla fine di luglio. In quella sede, il ministro dei trasporti mostrava di sapere dell’esistenza di quella tecnologia che rende possibile all’automobile «riconoscere» quando viene sottoposta a un controllo anti-inquinamento e, dunque, limitare le proprie emissioni. Che al di fuori del momento del controllo sono decisamente superiori.

I Grünen vogliono vederci chiaro, e hanno depositato un’altra interrogazione urgente: «Anche in Germania la Volkswagen ha manipolato i valori delle emissioni. Cosa sanno i funzionari tedeschi? E ci sono simili manipolazioni anche da parte di altre case produttrici?», domanda il combattivo partito ecologista.

Quelli di Greenpeace Germania si spingono oltre: «A questo punto vanno controllate tutte le autovetture in circolazione nel nostro Paese», è la richiesta del portavoce Daniel Moser. Che ricorda come la qualità dell’aria nelle maggiori città tedesche sia spesso e volentieri molto scadente: Stoccarda, capitale del Baden-Württemberg, quella dove si respira peggio. E proprio in quel Land, dove i Verdi esprimono il governatore e dove l’industria automobilistica è molto presente, l’amministrazione annuncia di volere effettuare controlli autonomi, indipendenti da quelli che appronterà Berlino.

La ministra federale dell’ambiente, la socialdemocratica Barbara Hendricks, è rimasta finora piuttosto defilata: ieri ha proposto che l’eventuale multa che Volkswagen dovrà pagare alle autorità Usa sia devoluta al Green Climate Fund, il fondo delle Nazioni unite contro il cambiamento climatico.

Lo scandalo che colpisce l’azienda di Wolfsburg riporta alla luce una contraddizione profonda della Germania: patria dell’ambientalismo europeo, da un lato, e maggiore produttore di automobili, dall’altro. Una contraddizione che si rispecchia anche nell’azione dei suoi governi: più attenti all’ambiente rispetto agli altri Paesi dell’Ue ma strenui difensori del predominio delle proprie industrie di punta, Volkswagen in testa.

Le norme europee sulle emissioni di CO2 degli autoveicoli, adottate l’anno scorso, videro la luce soltanto dopo una durissima battaglia in cui l’esecutivo tedesco si schierò «senza se e senza ma» in difesa degli interessi delle case automobilistiche, e quindi contro limiti considerati «eccessivi».

L’accordo di compromesso poi votato nel parlamento di Strasburgo dalle forze che governano insieme a Berlino, i democristiani di Merkel e i socialdemocratici del vicecancelliere Gabriel, venne duramente osteggiato dagli ecologisti, che denunciavano l’ipocrisia di una «lotta al cambiamento climatico» fatta senza «disturbare» i produttori di automobili inquinanti.

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