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«Sbugiardiamo le insidie chimiche»

Operatrici di un’azianda di agricoltura biologica durante la raccolta delle cipolle foto ApOperatrici di un'azienda di agricoltura biologica durante la raccolta delle cipolle foto Ap

Multinazionali Parte una campagna di Deafal per difendere l’«agricoltura organica e rigenerativa» minacciata dalle strategie della Bayer: «Dobbiamo fare chiarezza sull’operazione di greenwashing del colosso dell’agroindustria»

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 7 dicembre 2023

Pochi metterebbero in discussione queste parole: «L’agricoltura è al centro di molte sfide ambientali e sociali del nostro tempo. La crescente domanda di cibo, la diminuzione delle risorse naturali e i cambiamenti climatici stanno mettendo sotto pressione il settore agricolo. In questo contesto, l’agricoltura rigenerativa emerge sempre di più come una soluzione promettente per affrontare queste sfide».

NASCONDONO UN PROBLEMA, PERÒ. Sono tratte dal sito di Vegetables Italia, che è uno dei marchi con cui Bayer, colosso del settore farmaceutico e delle sementi, opera sul mercato agricolo; e l’idea di agricoltura rigenerativa che la multinazionale tedesca promuove prevede il ricorso a tecnologie di breeding innovative, una «migliore gestione» degli input chimici, per ciò che questo può significare, e anche l’utilizzo di nuovi fungicidi ed erbicidi. Per questo, spiega un comunicato di Deafal, organizzazione non governativa che da vent’anni promuove in Italia l’ agricoltura rigenerativa, «le dichiarazioni e le soluzioni proposte da Bayer sono molto preoccupanti per tutte le aziende agricole, gli agronomi e le realtà che da anni praticano e promuovono l’agricoltura rigenerativa».

BAYER NON È IL PRIMO SOGGETTO a provare ad accostare il proprio nome al concetto, negli ultimi anni ci hanno provato altri attori della filiera agroindustriale. Questo è surreale, poiché l’agroindustria è uno dei sistemi che ha contribuito a causare perdita di fertilità dei suoli e l’erosione della biodiversità a livello mondiale (cardini dell’agricoltura rigenerativa); ma Bayer ha fatto di più, dichiarando addirittura di voler «diventare un riferimento mondiale per l’applicazione dell’agricoltura rigenerativa» in Italia e adottando, senza citarla, la Carta dei principi e dei valori dell’agricoltura organica e rigenerativa elaborata da Deafal nel 2018, dopo anni di diffusione delle pratiche rigenerative e la collaborazione con oltre 4.500 agricoltori e 200 aziende agricole.

ECCO PERCHÉ L’ORGANIZZAZIONE ha lanciato la campagna #difendilarigenerativa (www.agricolturaorganica.org/difendi-la-rigenerativa), con l’obiettivo di far chiarezza e disinnescare l’operazione di greenwashing. Alla Bayer, del resto, mancano alcuni elementi fondamentali per poter giocare la partita dell’agricoltura rigenerativa: «Per come la intendiamo noi, non è soltanto un approccio agricolo, ma è strutturato anche su quelli che sono gli ultimi due principi e valori elencati nella Carta (Rigenerare le relazioni tra gli esseri viventi, e Rigenerare i saperi) che Bayer e l’agroindustria non saranno mai in grado di declinare» spiega Susanna Debenedetti di Deafal.

L’AGRICOLTURA RIGENERATIVA «mette al centro le persone e gli agricoltori che la realizzano; dal punto di vista tecnico-agronomico si basa su principi generali validi in tutto il mondo, ma poi localmente viene declinata in modo diverso». È certo però che «è stata sviluppata in questi 15-20 anni da noi e da molte altre realtà – continua Debenedetti – mettendo in primo piano proprio i diritti dei lavoratori e la giustizia sociale, e facendo della formazione continua, dello scambio tra agricoltori e della centralità della conoscenza, strumenti concreti per affrancare i produttori, del tutto o in parte, dalla dipendenza dai mezzi tecnici esterni che da decenni erode le marginalità delle imprese agricole».

SECONDO DEAFAL È MOLTO IMPORTANTE comprendere che a definire che cosa è l’agricoltura rigenerativa siano gli agricoltori: «Sono loro che lo portano avanti e hanno sviluppato questo concetto. Nel marzo del 2023 è nata così un’Associazione nazionale produttori per l’agricoltura organica e rigenerativa, e stiamo chiudendo un regolamento di adesione».

INTANTO, ALCUNI STUDI SCIENTIFICI pubblicati tra il 2022 e il 2023, comparando paper che affrontano il tema dell’agricoltura rigenerativa, citati da Deafal nell’ambito della campagna #difendiamolarigenerativa, evidenziano che in nessun caso si fa riferimento a sementi modificate o fungicidi e pesticidi. È evidente insomma che Bayer stia cercando di piegare la realtà alla propria misura. «È anche per questo – racconta Matteo Mancini, agronomo e direttore tecnico – che un anno e mezzo fa sono state le istanze dei produttori a far partire il percorso associativo. Per anni siamo stati critici verso l’idea di una definizione per legge dell’agricoltura organica e rigenerativa, ma questo ha lasciato spazio a ciò che sta succedendo, ed è grave: Bayer prende la nostra Carta dei principi e noi ci sentiamo saccheggiati di un lavoro fatto in tanti anni. I produttori credono che l’agricoltura che fanno abbia un valore sociale e politico, non solo tecnico, per questo ci chiedono di distinguerci. Il protocollo vuole essere un orientamento tecnico definito ma non stringente come il biologico, che raccolga dati tecnico-agronomici in modo dettagliato, sia sulla parte agricola che zootecnica, dando importanza alla biodiversità del suolo e inserendo valutazioni di tipo sociale ed economico» continua Mancini.

IL FOCUS DELLA CAMPAGNA #difendiamolarigenerativa, così, non è la denigrazione dell’agroindustria: «Non ci interessa un boycottaggio – dice Mancini – ma sensibilizzare l’opinione pubblica, perché respingiamo fermamente l’idea che aziende come Bayer osino promuovere i loro nuovi prodotti attraverso il marchio rigenerativo, per tutelarne i principi e i valori, che è uno dei primi obiettivi dell’Associazione».

ALL’APPELLO DI DEAFAL HANNO RISPOSTO centinaia di realtà, tra cui Slow Food Italia, Rete semi rurali, la rete Agroecology Europe, quasi un centinaio di aziende agricole. Il messaggio che questi soggetti condividono è semplice: non è possibile promuovere l’agricoltura rigenerativa con gli stessi strumenti che hanno portato a perdita di biodiversità e dei suoli, all’inquinamento delle acque. «Serve un enorme cambio di paradigma per arrivare a produrre in un contesto di crescente limitatezza delle risorse. È ovvio che un’azienda voglia piazzare sul mercato i propri prodotti – conclude Mancini – ma non possiamo accettare che operazioni come questa avvengano saccheggiando i valori e il lavoro di un ventennio di centinaia di associazioni, aziende agricole e tecnici in tutto il mondo».

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