Sardegna, legge sul turismo e privatizzazioni degli «usi civici», il governo batta un colpo
Ambiente E dopo l'intervista a Renato Soru sul manifesto l'assessore apre alla modifica dell’articolo 43 del Piano urbanistico regionale
Ambiente E dopo l'intervista a Renato Soru sul manifesto l'assessore apre alla modifica dell’articolo 43 del Piano urbanistico regionale
Qualcosa si muove sul fronte che vede una parte del Partito democratico e tutto lo schieramento ambientalista in campo contro la legge urbanistica regionale presentata dalla giunta Pigliaru (Pd).
Ieri l’assessore competente Cristiano Erriu ha fatto sapere che l’esecutivo intende modificare l’articolo 43, quello più duramente contestato da Renato Soru nell’intervista apparsa venerdì sul manifesto. All’interno del Pd sardo Soru, che da presidente della giunta nel 2006 fece approvare le norme molto rigorose di tutela delle coste contenute nel Piano urbanistico regionale (Ppr), guida l’opposizione alla legge urbanistica presentata da Erriu. Al manifesto Soru ha detto che sull’articolo 43 è pronto a chiedere che in consiglio si voti no. La giunta, nel tentativo di aprire un dialogo almeno con una parte dei contrari, annuncia che l’articolo 43 sarà modificato mettendo in capo al consiglio regionale, e non più alla giunta, la facoltà di chiedere accordi in deroga al Ppr con imprenditori che presentino, dice la proposta di legge, «progetti di investimenti immobiliari di particolare interesse economico e sociale». Secondo Erriu ciò consentirebbe di eliminare il rischio di decisioni discrezionali legato al fatto che titolare del potere di firmare accordi con gli imprenditori sia la giunta. Difficile però che questo possa bastare agli oppositori. Il fronte ambientalista, più duro dell’opposizione interna al Pd, chiede infatti che l’articolo 43 sia cancellato, non modificato. E a Soru basterà che a decidere sia il consiglio?
Ma non c’è solo la legge urbanistica al centro delle polemiche. C’è anche quella sul turismo, approvata lo scorso 28 luglio, che ora diventa oggetto di una richiesta di ricorso per conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale presentata due giorni fa dal soprintendente all’archeologia, belle arti e paesaggio di Cagliari, Fausto Martino. Il dirigente segnala al governo, e in primo luogo al ministro Franceschini, la possibilità offerta ai campeggi e ai villaggi turistici dalla legge sul turismo di realizzare casette in legno anche in aree vincolate. Per Martino la legge «incentiva la formazione di agglomerati edilizi privi di qualsivoglia qualità in aperto contrasto con le norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale». L’aumento di cubatura consentito arriva sino al 35 per cento di ciò che già esiste. Il rischio è che i campeggi possano trasformarsi in villaggi turistici mascherati.
Ma c’è di più: con il direttore generale del ministero del Beni culturali Caterina Bon Valsassina e con l’avvocato dello Stato Francesco Caput, Martino chiede che il governo ricorra anche contro un’altra legge della giunta Pigliaru, quella che sclassifica i cosiddetti «usi civici», aprendo la strada alla loro privatizzazione.
Gli usi civici sono diritti perpetui spettanti ai membri di una collettività, nella maggior parte dei casi un comune, su beni appartenenti al demanio o a un privato o allo stesso comune: acque, pascoli, boschi, terreni coltivabili. Sono di origine antichissima e si collegano a remoti istituti di proprietà collettiva sulla terra: in alcune regioni d’Italia (è il caso della Sardegna) risalgono all’età preromana e non sono stati cancellati dalla conquista romana; in altre regioni sono stati introdotti dai popoli germanici nell’alto medioevo. Privatizzare gli usi civici potrebbe aprire, nelle zone costiere, alla possibilità che i terreni interessati siano acquistati da imprenditori privati a fini speculativi. Sul ricorso di Martino contro la sclassificazione degli usi civici incombe però il rischio di scadenza dei termini: se la decisione di andare alla Consulta non sarà presa dal Consiglio dei ministri di domani (l’ultimo prima della pausa estiva), l’impugnazione non sarà più possibile per scadenza dei termini previsti dalle leggi: sessanta giorni dalla presentazione della richiesta di impugnativa.
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