Saraceno: «Bene il reddito di cittadinanza ma non basta. Giovani più penalizzati»
Chiara Saraceno
Economia

Saraceno: «Bene il reddito di cittadinanza ma non basta. Giovani più penalizzati»

Economia e Welfare Fino alla metà degli anni ‘90 gli over 65 erano la fascia d’età più colpita, adesso sono i giovani. Il loro dato sulla povertà assoluta è più del triplo di quello degli anziani
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 16 giugno 2022

Professoressa Chiara Saraceno, il nuovo rapporto dell’Istat ci dice che la povertà assoluta è sostanzialmente stabile: migliora al Nord, ma peggiora al Sud. Cosa significa?
Significa che siamo di fronte a una ripresa diseguale. Se andiamo a vedere, è vero che i consumi sono aumentati, ma solo per i ceti più alti, mentre chi ha un reddito più basso non ha visto un grande miglioramento della propria situazione, anzi. Colpisce il dato del Sud e anche quello sull’aumento della povertà per le famiglie numerose e per i minorenni. Peraltro tutto questo avviene in un momento di ripresa, quindi è lecito domandarsi cosa succederà in futuro.
Forse è anche lecito domandarsi in che situazione saremmo se non ci fosse stato il reddito di cittadinanza.
È lo stesso problema degli scorsi anni, e la questione non è cambiata: meno male che il reddito di cittadinanza c’è. Certo, non è sufficiente, ma la sua esistenza è un elemento positivo.
Cosa si potrebbe fare per migliorarlo? Lei, come presidente del Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, aveva presentato diverse proposte in merito…
Purtroppo gran parte delle proposte che avevamo fatto sono rimaste lettera morta, almeno sin qui. Da quello che mi dicono, adesso il Tesoro sta discutendo di togliere l’aliquota marginale: ovvero il fatto che per ogni euro di reddito da lavoro si perdono 80 centesimi di reddito di cittadinanza, con il reddito netto che dunque cresce di soli 20 centesimi. Ecco, mi pare un po’ la scoperta dell’acqua calda… Da quello che mi dicono si discute di togliere questa aliquota solo per alcuni settori, come l’agricoltura e il turismo. Trovo questa proposta iniqua, perché così si penalizzano gli altri lavoratori. Mi pare una misura che favorisce più gli imprenditori. Il principio generale dovrebbe essere quello che lavorare convenga rispetto al reddito di cittadinanza, che è una banalità, ma poi fanno cose del genere ed è francamente assurdo.
Cosa ne pensa dell’assegno unico per le famiglie?
È una misura in parte corretta, ma c’è un problema che riguarda più l’accesso a questo assegno che il suo importo. Ci sono vari requisiti da rispettare e quando come Comitato per la valutazione del reddito di cittadinanza siamo andati a vedere la situazione, abbiamo scoperto quali erano le famiglie che avevano maggiori difficoltà ad accedere a questi provvedimenti. Avevamo preparato delle modifiche alla scala di equivalenza per non penalizzare le famiglie con minorenni a carico, che sono poi quelle che soffrono di più e hanno maggiori problemi con questo tipo di misure. Poi, sì, io vedo anche un altro grande problema….
Quale?
Quello del reddito di cittadinanza per gli stranieri. Un cittadino non italiano, per accedervi, deve essere residente in questo paese da almeno di dieci anni, si tratta della soglia più alta d’Europa. È una cosa che grida vendetta. Forse si sta aspettando che arrivi una condanna europea per modificare questo requisito. La volontà politica di farlo manca assolutamente.
Un altro dato abbastanza duro da digerire è quello che vede i nati dopo il 1986 come coloro che hanno il reddito più basso della storia d’Italia.
Se diamo uno sguardo alla distribuzione del reddito per età, vediamo che è una scala che sale. In sostanza, i meno esposti alla povertà sono gli anziani. Intendiamoci, anche un anziano povero è troppo, ma dobbiamo anche dire che se fino alla metà degli anni ‘90 gli over 65 erano la fascia d’età tipicamente interessata dalla povertà, adesso sono i giovani quelli più in difficoltà. Il loro dato sulla povertà assoluta è più del triplo di quello degli anziani. Ma questa, purtroppo, non è una questione importante per tutta l’opinione pubblica.
Nel suo ultimo libro, «La povertà in Italia» (scritto con David Benassi e Enrica Morlicchio) evidenzia come tutto questo sia un problema che ha radici antiche.
Sì, il problema è chiaramente di lungo periodo. In Italia la povertà è un fatto familiare e i poveri sono soprattutto giovani, minori e stranieri. E questo processo è cominciato a metà degli anni ‘90. Adesso ne vediamo solo alcuni effetti.

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