Dalle nebbie moscovite in cui si era cacciato sta riemergendo giorno dopo giorno l’ex presidente, ed ex premier, Dmitri Medvedev, uno che salito al Cremlino nel 2008 aveva alimentato le speranze di apertura della Russia all’occidente per il semplice fatto di non essere Vladimir Putin; che le aveva disattese portando i carrarmati a trenta chilometri da Tbilisi, in Georgia; che era riuscito a risvegliarle con il via libera alla Nato per mettere fine al regno sulla Libia di Muhammar Gheddafi; per poi deluderle definitivamente riconsegnando il posto a Putin alla fine del mandato senza neanche discutere.

OGGI, A 56 ANNI, dopo un lungo periodo non proprio alla ribalta, sembra di nuovo fra gli uomini più in vista sulla scena politica russa, nonostante la scarsa popolarità fra gli elettori dovuta forse alla carenza di empatia, forse alla spocchia di cui molti burocrati soffrono, o forse in fin dei conti a quell’aria da primo della classe che trova lavoro come cassiere in banca, promette ad amici e familiari grandi affari e poi li imbroglia con i bond spazzatura.

Di queste figure i film russi sono pieni. Se ne vanno alla dacia in vacanza mentre gli altri vivono in due stanze. Sfortunatamente per Medvedev molti hanno il suo aspetto. Sia come sia, il numero due del Consiglio di sicurezza pare avere grandi piani in mente.

Nel fine settimana ha lanciato un messaggio violento al presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen, che ha chiamato senza molto rispetto «la zietta europea». Il messaggio era più o meno il seguente: l’Unione non vuole ridurre in alcun modo le sofferenze del popolo ucraino; con le sue sanzioni cerca soltanto di spingere la Russia verso la catastrofe finanziaria; ma la catastrofe potrebbe avvenire in Europa. La riflessione si basa su tre previsioni.

L’IPERINFLAZIONE dovuta al rincaro di gas e petrolio. La carenza di beni di prima necessità sugli scaffali dei supermercati. E l’aumento della criminalità dovuto anche a un nuovo esodo di migranti. L’ultimo punto è forse il più interessante.

Secondo alcuni, la spalla di Putin avrebbe minacciato in modo abbastanza subdolo la possibilità di rispondere al possibile embargo sul petrolio russo con lo stop all’export di cereali in Europa e nel medio oriente. Le conseguenze sarebbero catastrofiche per decine di paesi. Non a caso Medvedev sostiene che gli europei rischiano di andare incontro a tante piccole «Maidan», un riferimento alla rivolta che nel 2014 ha ridotto l’Ucraina alla guerra civile.

A dire il vero neanche i russi sembrano avere davanti un’epoca grandiosa. La governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiullina, ha detto ieri ai capigruppo della Duma che il paese sta affrontando un «cambiamento strutturale» dell’economia. Traduzione: non possiamo più vivere sulla rendita che petrolio e gas naturale hanno garantito sinora. Questo dipende sia dalle riserve monetarie, dimezzate per effetto delle sanzioni, sia da nuove misure restrittive nel settore energetico che l’Europa e gli Stati Uniti potrebbero adottare.

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NABYULLINA TORNERÀ al Parlamento fra due giorni. L’Assemblea deve votare il rinnovo del suo incarico. Il partito Russia Unita ha già fatto sapere che sosterrà la candidatura. Dopo Nabyullina ha parlato di economia anche Putin, in videoconferenza, con il premier, Mikhail Mishustin e alcuni ministri del suo governo.

A quanto pare il presidente usa lo stesso linguaggio per discutere di politica monetaria e di bersagli per l’artiglieria, il che aiuta a comprendere il suo personale approccio alla guerra nel Donbass e alle sanzioni di Bruxelles. «Il blitzkrieg economico dell’occidente è fallito», ha detto dalla residenza di Novo Ogarevo, prima di chiedere a Mishustin di accelerare i tempi per il passaggio dal dollaro al rublo «e ad altre valute nazionali» nei pagamenti dei beni che la Russia ancora esporta.

SECONDO PUTIN la situazione generale «si sta stabilizzando», e alcuni indicatori economici, dal tasso d’inflazione e quello di cambio, per adesso gli danno ragione. Ma, come ha avvertito Nabyullina, all’orizzonte ci sono grandi prove e grandi cambiamenti per il sistema economico. In che modo Putin intende risolvere il blocco permanente degli scambi finanziari con Europa e Stati Uniti? Ancora è presto per saperlo.

Ma ieri in cima al Cremlino hanno issato la bandiera della Vittoria con la falce e il martello che celebra il successo militare sulla Germania nazista. Per il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, è un simbolo che accomuna tutte le generazioni. E forse è anche un segnale di quello che i russi vedranno nei prossimi mesi.