Deve vedersela davvero brutta Salvini per attaccarsi addirittura ai Ferragnez in una improbabile difesa d’ufficio: «Questo accanimento non mi piace». Si capisce perché, dovendo provare a lucrare voti facendo scudo alla influencer, il capo leghista non abbia alcuna voglia di misurarsi direttamente nelle urne con una premier lanciatissima. Per questo, senza perdere tempo con i vertici e le disamine sulle quali puntava Meloni, ha bruciato i ponti e annunciato la sua non-candidatura alle europee. Gioca di sponda con Tajani, che a propria volta non gradisce neanche un po’ l’azzardo di una corsa in prima persona, anche perché punta a una manovra discreta che dovrebbe incoronarlo commissario europeo. Fitto permettendo dal momento che anche il collega sogna quel posto. Il mite Tajani però la mette giù obliqua: «O ci candidiamo tutti o nessuno». Dopo l’uscita di scena del leghista, la seconda che ha detto.

Non che Salvini abbia rinunciato alla figura classica dell’acchiappavoti, ma per quella parte il leghista ha in mente il nome più magnetico, almeno a destra, che il mercato passi in questo momento, il generale «mondo al contrario» Roberto Vannacci: «Mi piacerebbe averlo in lista». Il militare ringrazia ma non si compromette: «Sono grato e valuterò a mente fredda la proposta come tante altre alternative che ho». Forse non ha ancora deciso davvero se tentare la carta della politica o puntare ancora sull’esercito o comunque mettere a frutto altrimenti il boom editoriale. O forse se proprio deve scendere in campo preferisce farlo in patria invece di regalare voti al Carroccio e poi ritrovarsi con poco da fare a Strasburgo.

La premier, comunque, ha preso male la sorpresa di Salvini. Alla candidatura ci teneva e ci tiene: perché prevede un exploit personale che la renderebbe ancora più forte ma anche perché il suo nome, secondo i calcoli degli esperti, porterebbe in dote alla lista un 2% in più. I suoi si affrettano a far sapere che comunque l’ipotesi, pure scesa di parecchio nelle quotazioni, non è tramontata. Meloni deciderà all’ultimo momento, in parte basandosi proprio sulla scelta della rivale altrettanto indecisa Schlein. Con la premier in campo la segretaria del Pd non avrebbe dubbi, senza altri leader in lista tutto torna in discussione.

Molto prima di sciogliere l’enigma sulle europee, la premier dovrà risolvere la grana Sardegna che, nonostante l’ottimismo sparso a piene mani soprattutto da Forza Italia, diventa ogni giorno più complicata. Ieri sia FdI che la Lega hanno puntato ufficialmente i piedi, portando la situazione a un millimetro dal muro contro muro. La Lega, con tanto di comunicato ufficiale, è perentoria: «Ribadiamo la candidatura Solinas: nessun passo indietro». La segretaria tricolore sarda Zedda replica sullo stesso tono: «Per la stragrande maggioranza del tavolo regionale, che non può essere ignorato, il candidato è Truzzu. La Lega faccia un passo coraggioso e lo appoggi». Il vicesegretario leghista Crippa sbotta: «E basta con ’sto tavolo. Non è che uno vale uno e la Dc di Rotondi è come la Lega. Solinas va confermato come tutti gli uscenti e FdI potrà mettere i suoi esponenti migliori nelle Regioni governate oggi dal centrosinistra». Ci si può facilmente immaginare quanto questa soluzione sorrida a Giorgia Meloni che affronta il caso con Donzelli, il plenipotenziario che dovrebbe risolvere la grana in tandem con l’omologo leghista Locatelli. Alla fine la posizione resta inamovibile: non c’è altra strada che Truzzu.

La sola magra consolazione per una destra che inizia a ballare sul serio è che a sinistra le cose non vanno meglio. Le blandizie di Schlein non hanno convinto Renato Soru a ripensarci: la sua candidatura per ora resta. Maggior successo con la lista progressista dell’ex sindaco Zedda che si è spostata a sostegno della candidata dei 5S e del Pd Alessandra Todde. «Anche Soru la appoggi», insiste Zedda. Immediata e tassativa la risposta dell’industriale: «C’è chi fa aritmetica e conta i possibile eletti. Ma noi non siamo interessati a calcoli elettorali». Per Meloni e per Schlein, insomma, la Sardegna è una nemesi.