Rush finale in Umbria: Meloni contro Schlein. E punta su Bandecchi
Regionali La premier attacca sulla nomina di Fitto: «Pd anti-italiano». A destra sperano che il sindaco di Terni faccia la differenza. Oggi i leader del centrosinistra si ritrovano in presidio davanti a un ospedale
Regionali La premier attacca sulla nomina di Fitto: «Pd anti-italiano». A destra sperano che il sindaco di Terni faccia la differenza. Oggi i leader del centrosinistra si ritrovano in presidio davanti a un ospedale
«Aiutaci anche tu, non possiamo perdere», dice una signora benvestita a Stefano Bandecchi. Non ci saranno zero gradi, ma manca poco perché a Perugia quando la tramontana arriva picchia duro. Ma il sindaco di Terni, arruolato dalla destra per non perdere le regionali umbre, si presenta in maniche di camicia alle porte della chiesa sconsacrata di San Francesco al prato. I numeri non sono clamorosi circa quattrocento persone dentro e qualche decina sul sagrato, ma Giorgia Meloni definisce la location «il posto più bello in cui abbia fatto un comizio».
«DEVE FAR vedere che ha la corazza», commenta un ragazzo a proposito dell’outfit del macho Bandecchi, il quale per settimane è stato marcato a uomo a causa delle sue intemperanze. Un supporter meloniano gli urla: «Comportati bene!». Avere imbarcato il patron di UniCusano, accusato di evasione fiscale e al centro di mille polemiche per le sue esternazioni disinvolte e i metodi spicci, è costato a Fratelli d’Italia la dimissione di qualche quadro locale e una scommessa al buio. Bandecchi è diventato sindaco combattendo la destra, occupandone gli spazi e maltrattandone la classe dirigente. Ora si merita un posto riservato in prima fila, tra i leader: si va ad accomodare accanto al «moderato» Maurizio Lupi.
LA CANDIDATA presidente delle destre Donatella Tesei sa che si gioca tutto sulla sanità e affronta il tema sulla difensiva. Dipinge una regione trovata in macerie (non solo metaforiche, visto il terremoto in Val Nerina) e dice che a fare danni sono stati quelli che c’erano prima. Accusa la sua rivale Stefania Proietti di essere andata «a urlare sotto gli ospedali» e afferma che ciò ha significato mancare di rispetto a lavoratori e malati. Proprio davanti a un ospedale, il Santa Maria di Terni, si ritroveranno questa mattina i leader del centrosinistra. Parteciperanno a un presidio, un’iniziativa senza palco per una coalizione che ha scelto di puntare su una sindaca civica, Proietti è sindaca di Assisi senza tessera di partito, e che ha provato a tenere lontane le beghe e le divisioni romane. Meloni ne approfitta così: «Mi dicono da queste parti quelli del centrosinistra ancora non si sono visti insieme, forse si vergognano l’uno dell’altra».
DALLE PARTI della destra, invece, si punta sui temi nazionali e sull’agenda extraregionale. Antonio Tajani, ad esempio cerca di catechizzare tutti sulla necessità di allargare il consenso tra gli astensionisti e tra i delusi di centro del centrosinistra. Ma poi assicura che «sulle grandi questioni» con Salvini e Meloni non c’è alcuna diversità di vedute e sull’episodio della manifestazione fascista di Bologna di sabato scorso offre una versione che ricalca appieno quello della parte destra della maggioranza. Matteo Salvini si muove sul copione consolidato: racconta della visita mattutina al carcere di Perugia («ma per fortuna mi hanno fatto uscire, per adesso») e dice che «su 400 detenuti il 70% è composto da migranti». Da qui si parte con gli allarmi xenofobi, secondo cui per entrare in alcuni quartieri di Perugia ormai «gli italiani devono chiedere permesso» (no, non si riferiva all’overtourism). Lui, che ha la delega alle politiche abitative e che per il diritto alla casa non sta facendo nulla, annuncia che sono pronte alcune residenze di edilizia popolare: «Mi rivolgo ai sindaci: assegnatele subito prima che arrivi Ilaria Salis». Poi un grande topos dell’identitarismo di destra: le droghe e la sinistra che vuole farle spacciare liberamente dal tabaccaio.
GIORGIA MELONI replica il format che ha sperimentato nelle ultime elezioni regionali: il paese va bene, i fondamentali dell’economia sono a posto, la gente sta con lei perché lo dicono i sondaggi e gli unici che non lo capiscono sono quelli delle sinistre. Manda un messaggio alla magistratura sulle deportazioni dei migranti, sostenendo che se c’è qualcosa che il governo ha «male interpretato» allora i giudici dovrebbero dare una mano a sciogliere i nodi problematici e «non mettersi di traverso» (Montesquieu letto a Colle Oppio). Non fa, e come lei nessuno degli altri leader, nessun riferimento alla decisione della corte costituzionale sull’autonomia differenziata che circola sui telefonini della platea durante i primi interventi. Lo schema è sempre quello per cui chi fa opposizione al governo sta sostanzialmente tradendo gli interessi della nazione. In virtù di questo sillogismo chiede pubblicamente a Elly Schlein che posizione assume il Pd sulla nomina a vicepresidente della commissione Ue di Raffaele Fitto. La segretaria dem si trova in quel momento dall’altra parte della città, al teatro Bertolt Brecht di San Sisto, assieme al capodelegazione in Europa Nicola Zingaretti. «Ogni voto sarà fondamentale, lo abbiamo visto anche nelle ultime tornate elettorali» dice a chi le chiede un pronostico. L’aria è che davvero allo spoglio di lunedì pomeriggio si presenti un testa a testa.
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