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Salta il vertice con Biden, resta il tour di Zelensky

Salta il vertice con Biden, resta il tour di ZelenskyVolodymyr Zelensky – Ap

Solo bilaterali Il presidente ucraino, con in tasca la prima bozza del cosiddetto «Piano per la Vittoria», incontrerà oggi a Roma Meloni e poi il papa. Venerdì Scholz e Starmer

Pubblicato 23 minuti faEdizione del 10 ottobre 2024

L’uragano Milton che si prepara a investire la Florida si abbatte sul vertice dei Paesi del formato Ramstein inizialmente previsto per domani. Rinviata a data da destinarsi la riunione in cui in agenda spicca anzitutto la prima bozza del cosiddetto «Piano per la Vittoria» messo a punto dal presidente Volodymir Zelensky: la sua road-map politico-militare per poter giungere «alla fine dell’invasione russa».

«Ci spiace molto, ma al posto del presidente Biden anche il cancelliere avrebbe annullato tutti gli impegni ufficiali se la Germania fosse stata colpita da un uragano del genere» è la dichiarazione di rito del portavoce di Olaf Scholz che al di là del summit sull’Ucraina – proprio come il presidente francese Emmanuel Macron e il premier inglese Keir Starmer era pronto per il super-summit con Biden: l’occasione per tutti e tre per ribadire a Washington che l’Europa con cui parlare è in primis Germania, Francia e Regno Unito.

Sospesa Ramstein, l’atteso tour europeo del presidente Zelensky si riduce a una serie di incontri bilaterali slegati dalla cornice unica: con i tavoli separati di Scholz, Macron e Steimer, anche la premier Giorgia Meloni ritorna così nel campo della rilevanza per quanto occasionale e decisamente fortuita. Con il presidente Usa Biden bloccato negli Stati Uniti a seguire «personalmente» gli sviluppi dell’emergenza negli Usa, ciascun leader gioca la propria partita politica, nonostante i margini ridotti per tutti.

Partita di prima mattina da Washington la telefonata a tutti gli alleati del gruppo di contatto sull’Ucraina con l’ordine di tenere il summit in stand-by, nelle stesse ore l’entourage di Joe Biden faceva sapere che il presidente era in procinto di annullare la sua visita in Europa; da qui il dispiacere di Scholz.

Nel tiramolla innescato dagli Usa l’unica notizia rimasta certa nelle cancellerie occidentali è l’incontro di oggi a Roma fra Zelensky e la premier Giorgia Meloni a villa Pamphili, confermato da fonti del governo italiano. Ma nella capitale il presidente ucraino è soprattutto atteso da papa Francesco per il terzo “bilaterale” fra i due dopo l’udienza in Vaticano del 13 maggio 2023 e il «dialogo» dello scorso 14 giugno scorso in occasione del vertice del G7 a Borgo Egnazia. Sarà l’unico incontro che sicuramente non avrà al centro la fornitura di nuove armi per l’esercito di Kiev e il loro impiego in territorio russo, e neppure il rafforzamento della Nato che invece verrà ribadito domani a Ramstein.

A riguardo la Germania si presenta senza le carte in regola, almeno a sentire l’Union democristiana che ieri ha tuonato contro il ministro della Difesa, Borius Pistorius (Spd), nonostante il suo filo-atlantismo senza se e senza ma.

«Il governo Scholz non soddisfa i requisiti della Nato» denuncia (anche agli Usa) Florian Hahn, portavoce della politica di difesa della Csu, in riferimento allo scoop di Die Welt sui numeri che Berlino sarà obbligata a reperire entro il 2031. In sintesi, oltre alle nuove 10 brigate della Bundeswehr promesse, ne verranno create altre 6 aggiuntive.

«Pistorius non ha informato il Parlamento sulle imminenti richieste aggiuntive dell’alleanza atlantica: è tanto spaventoso quanto significativo» rincara Hahn mentre accusa il ministro Spd di incapacità pure per non essere ancora riuscito a costituire completamente la brigata dell’esercito che aveva promesso di dispiegare in Lituania – come da accordi Nato – e tantomeno a trovare i soldi necessari alla luce della scure sui conti pubblici imposta dal ministro delle Finanze, Christian Lindner (Fdp) a causa della recessione che si conferma peggio delle aspettative.

In più il segretario della Cdu, Friedrich Merz, sta preparando la bordata finale contro il governo Scholz. Insieme al leader Csu Markus Söder ieri ha tenuto a precisare che, poiché «Pistorius ci lascerà un’eredità pesante nel 2025 quando governeremo», al Paese serve una cura da cavallo. Al prossimo congresso di Augusta l’Union presenterà la proposta di elevare la spesa della Germania per la Nato a quota 3% del Pil: un punto in più del limite attuale già impossibile da raggiungere.

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