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Roberto Piumini, l’antifascismo del singolo

Roberto Piumini, l’antifascismo del singoloUn ritratto dello scrittore Roberto Piumini

INTERVISTA Parla lo scrittore per ragazzi bresciano «La mia è una presa di posizione legata solo a questa situazione, una sottolineatura di tipo pedagogico»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 7 maggio 2019

Il fronte degli scrittori e delle scrittrici che non andranno al Salone del Libro di Torino in polemica con la presenza di editori che, in maniera palese o sotto mentite spoglie, si richiamano al fascismo continua a crescere. Tra chi ha scelto di dire no all’appuntamento editoriale dell’anno c’è Roberto Piumini, autore di romanzi e poesie con una particolare predilezione per l’universo dei più giovani.
Non è la prima volta che lo scrittore assume posizioni simili: già qualche anno fa, quando l’allora semplicemente segretario della Lega Matteo Salvini finì al centro di una polemica per la vicenda di alcuni bambini a cui veniva negata la mensa scolastica, Roberto Piumini – originario di Edolo (Brescia) – scrisse un testo in polemica con l’Icwa (Italian Children Writer’s association) che preferì non prendere posizione sulla vicenda.

Oggi la questione non è molto diversa, e così la presentazione torinese del suo ultimo libro Storie per una voce quieta (Oligo editore) in programma per sabato mattina non si terrà.
«L’istituzione può cavillare, distinguere e riservare alla magistratura il compito di combattere il fascismo – dice Piumini -. Il singolo cittadino può invece praticare un antifascismo più diretto e sanguigno. Storie per voce quieta sì, ma dentro un’inquieta attenzione e ansia verso l’emergere e il riemergere delle umane pestilenze. Non partecipo quindi all’incontro di Torino prendendomi naturalmente l’intera responsabilità della decisione».

Piumini, può dirci qualcosa in più?
La mia è una scelta chiaramente di non associazione e di attenzione verso certe presenze. Il singolo antifascista credo possa permettersi di non avere le delicatezze sistemiche di chi organizza un evento come il Salone. La mia è un’opposizione a qualcosa che disapprovo. Per quanto mi riguarda, e per il pubblico che mi segue, togliere la mia presenza è un modo per far sapere come la penso io su certi temi. Però c’è un’altra cosa.

Ce la può spiegare?
Il mio editore quasi ci è rimasto male per la mia assenza, e allora ho deciso di inviare comunque una mia testimonianza. Si tratterà di una poesia che spiegherà bene la mia posizione. Il mio civismo si esprime così, sia per chi mi conosce sia soprattutto per chi non mi conosce. Diciamo che si tratta di un compromesso raggiunto con l’editore.

E cosa pensa invece delle scrittrici e degli scrittori che, pur essendo antifascisti, andranno comunque al Salone?
Per l’amor del cielo, non ho nulla da rimproverare. È una situazione complessa, lo riconosco. Oggi, ad esempio, mi è stato detto che se non vado al Salone allora non dovrei nemmeno andare a presentare il libro dove ci sono testi pubblicati da editori fascisti. All’inizio sono rimasto un po’ perplesso davanti a questa affermazione, poi ho fatto un sillogismo: se è così, non dovrei nemmeno camminare sulla terra perché ci camminano anche i fascisti. La mia è una presa di posizione legata solo a questa situazione, una sottolineatura di tipo pedagogico: voglio indicare a chi ha orecchie per sentire ed emozioni per emozionarsi un senso d’urgenza e di bisogno di dire no a certe cose. Sentivo il bisogno di fare qualcosa al di là del punto di vista legalitario.

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