Riyadh rompe con Beirut. Il Golfo la imita subito
Libano Il neo ministro dell'informazione libanese critica la guerra contro lo Yemen, l'Arabia Saudita risponde con l'ultimatum all'ambasciatore. Kuwait, Bahrein ed Egitto fanno lo stesso. Dietro, i rapporti gelidi tra il Paese dei Cedri e l'asse sunnita
Libano Il neo ministro dell'informazione libanese critica la guerra contro lo Yemen, l'Arabia Saudita risponde con l'ultimatum all'ambasciatore. Kuwait, Bahrein ed Egitto fanno lo stesso. Dietro, i rapporti gelidi tra il Paese dei Cedri e l'asse sunnita
Scadono oggi le 48 ore di tempo che ha l’ambasciatore libanese per lasciare l’Arabia saudita, che ha anche richiamato i suoi di ambasciatori, bloccato tutte le importazioni dal Libano e proibito ai propri cittadini ogni visita nel paese.
Poche ore dopo, anche il Bahrein ha dato due giorni all’ambasciatore libanese per andarsene. Ieri si è aggiunto il Kuwait. Gli Emirati ha annunciato il ritiro dei propri diplomatici e chiesto ai propri cittadini di non andare in Libano.
Sotto accusa un video che ha cominciato a girare martedì scorso nel quale il neo ministro dell’informazione George Kordahi denunciava la guerra in Yemen condotta dall’Arabia saudita contro la minoranza sciita Houthi, milizia spalleggiata da Iran e Hezbollah. Non sono piaciute a Riyadh le opinioni di Kordahi sulla «futilità» di questa guerra e sugli Houthi che si sono «difesi da un attacco esterno».
Kordahi si è giustificato dicendo che il video è precedente alla formazione del governo (10 settembre 2021). Kordahi, in quota Marada, partito cristiano maronita alleato di Hezbollah, non è un politico di lungo corso.
Giornalista in Libano fino alla guerra civile (1975-90), emigra in Francia e poi in Inghilterra e si occupa di radio, fino a quando nel 2004 torna in Libano e diventa un famoso presentatore tv nel mondo arabo. Dal 2012 è il volto del Chi vuol esser milionario? arabo. Nel 2011 accusa, durante un suo programma, l’emittente Arab Tv di cospirare contro il regime siriano.
Oggi sono in molti a chiederne le dimissioni. Il segretario della Lega araba Ahmad Aboul Gheit è intervenuto manifestando la sua «profonda preoccupazione per il deterioramento delle relazioni tra il Libano e il Golfo» e si è detto fiducioso che Mikati e il presidente Aoun lavoreranno per attenuare la crisi.
A nulla sono servite fino a questo momento le prese di distanza del governo libanese. «Ci rivolgiamo fraternamente ai leader arabi affinché lavorino e aiutino a superare la crisi e preservare la coesione araba», l’appello del premier Mikati, che ha espresso profondo «rammarico» per l’accaduto. E Aoun ha ieri annunciato che sta facendo tutto il possibile «per stabilire le migliori relazioni con il regno e rafforzarle con accordi bilaterali».
I rapporti con l’Arabia saudita sono già da tempo incrinati e lontani dal periodo in cui era premier Rafiq Hariri, che aveva doppia cittadinanza libanese e saudita, ereditata dai figli. Il 4 novembre 2017, l’allora premier Saad Hariri annunciò le sue dimissioni da Riyadh dove fu trattenuto con la forza per vari giorni: accusò Iran e Hezbollah di egemonia in Medio Oriente e dichiarò di temere per la sua vita.
Solo la formale richiesta di Macron – Hariri ha anche cittadinanza francese – fece in modo che il premier libanese potesse lasciare con la famiglia il paese per la Francia. Le dimissioni furono ritirate.
I sauditi non hanno mai nascosto le proprie preferenze per il fratello di Saad, Bahaa, ritenuto più risoluto. Inoltre, ad aprile Riyadh aveva bloccato le importazioni di frutta e verdura quando aveva scoperto oltre cinque milioni di pasticche di Captagon (anfetamina) prodotte nella valle della Beqaa nascoste in un carico di melograni arrivato a Jeddah.
La crisi diplomatica si inserisce in un contesto interno che vede una nuova polarizzazione dei blocchi creatisi dopo l’uccisione di Hariri nel 2005 e il ritiro delle truppe siriane dal paese: 8 marzo (pro-Siria) e 14 marzo (anti-Siria).
Uno scontro diventato conflitto armato tra Forze libanesi e Hezbollah/Amal due settimane fa: a Tayyouneh, sull’antica linea di confine tra Beirut est e ovest, sette persone sono rimaste uccise e una trentina ferite.
E in un contesto internazionale – il Libano non ha mai smesso di essere terra di altrui conflitti – dove si ripropone lo scontro egemonico Iran/Hezbollah-Arabia saudita.
La crisi economica che attraversa il Libano diventa allora l’occasione per ridefinire gli equilibri di potere e direzionare scelte e accordi. Il risultato è però un inasprimento interno che ha dato già prova nei giorni scorsi di poter sfuggire di mano da un momento all’altro.
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