«È nostro dovere trasmettere lezioni, saggezza, conoscenza ed esperienze alla prossima generazione di combattenti per la libertà, di lavoratori nel settore culturale e di attivisti. In questo modo un popolo oppresso può resistere alla dominazione da una generazione all’altra senza ripetere i fallimenti, le insidie o gli errori di quella precedente».
GIUGNO 2020, sono passati pochi giorni dalla morte di George Floyd, ucciso a Minneapolis da un agente che lo ha bloccato a terra soffocandolo mentre l’uomo ripeteva «I can’t breathe» (Non riesco a respirare), quando un gruppo di ex militanti del Black Panther Party indirizza una lettera alle stelle afroamericane dell’Hip Hop perché si facciano portavoce delle proteste contro il razzismo e delle rivendicazioni sociali e politiche della comunità nera.
Dopo due mandati del primo presidente afroamericano, che non era per altro riuscito a mettere un freno agli omicidi e ai soprusi delle forze dell’ordine contro i neri, l’elezione di un candidato repubblicano che aveva portato il vocabolario del suprematismo wasp alla Casa Bianca, una serie interminabile di morti violente ad opera degli uomini in divisa, le metropoli statunitensi tornano ad incendiarsi, evocando la stagione, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo, in cui la rivoluzione nera aveva segnato il proprio apice.
Frutto di una vasta documentazione che include le diverse fasi conosciute dalle ricerche sul tema – dalla «demonizzazione» delle Pantere alla messe di materiali prodotti dagli ex appartenenti al movimento -, e di una serie di ricerche d’archivio condotte dall’autore in California, il libro illustra il serrato dibattito ideologico che si sviluppò in particolare all’interno del Comitato Centrale delle Pantere, l’organo dal quale dipendevano decine di «capitoli» locali sparsi per tutto il Paese, dalla California a New York.
Perché se a determinare la fine di quest’esperienza furono senza dubbio la repressione, l’uccisione e l’incarcerazione di molti leader e militanti, le «covert action» dell’Fbi come anche il mix tra la diffusione massiccia del crack nei ghetti neri e il contemporaneo taglio al welfare, specie in quei territori, sancito fin dal 1981 dall’amministrazione Reagan, Toscano sottolinea come anche le querelle interne pesarono molto. In particolare quelle tra l’ispirazione delle Pantere più legata al nazionalismo nero, le influenze marxiste-leniniste e internazionaliste, la difficoltà a coniugare «razza, classe e genere» e la scelta tra uso della violenza e azione politica pubblica, il voto ma anche l’organizzazione delle «colazioni gratuite», consumarono per molti versi dall’interno l’intera vicenda.
SE DI FRONTE AGLI ABUSI e al razzismo delle istituzioni le nuove leve dei movimenti afroamericani, a partire da Black Lives Matter, sono tornate a guardare alle Pantere, oltre ai simboli di quella stagione tracimati in modo massiccio nell’immaginario globale dei movimenti di resistenza, c’è da credere che sia nella vita quotidiana delle comunità nere che quella storia ha scritto pagine non del tutto dimenticate in termini di auto-organizzazione come di gestione dal basso di bisogni e servizi.