Dopo il rinvio del processo al prossimo 10 ottobre a causa del rifiuto delle autorità egiziane a collaborare con la Procura di Roma per la notifica degli atti emessi contro i quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni al Cairo, e dopo addirittura il rifiuto ad un incontro con la ministra della Giustizia Marta Cartabia da parte del suo omologo egiziano, il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha chiesto ieri alla Cassazione di intervenire per sbloccare la «stasi processuale».

In un corposo provvedimento i pm che dal 2016 si occupano dell’omicidio del ricercatore friulano hanno chiesto l’annullamento della sospensione del processo decisa l’11 aprile scorso dal Gup di Roma Roberto Ranazzi che ha dato mandato ai carabinieri del Ros di effettuare ulteriori indagini per trovare gli indirizzi dei domicili dei quattro indagati (i Ros avevano trovato solo quello del luogo in cui lavorano i quattro agenti appartenenti agli apparati di sicurezza del Cairo).

Il procuratore capo di Roma Franco Lo Voi chiede allora una diversa valutazione tecnica riguardo le garanzie per un giusto processo assicurate comunque dalla giustizia italiana ai quattro imputati. In particolare, alla Cassazione si chiede di chiarire se risulti sufficiente, per la celebrazione del processo, il fatto che «vi è una ragionevole certezza che i quattro imputati egiziani hanno conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a loro carico avente ad oggetto gravi reati commessi in danno a Regeni».