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Rimpatriati in serata con un volo charter i primi 180 italiani

Rimpatriati in serata con un volo charter i primi 180 italiani

Hanno lasciato il Libano anche 200 spagnoli e 150 britannici La Farnesina chiede di rientrare anche ai 700 connazionali che si trovano in Iran

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 4 ottobre 2024

E’ cominciata l’evacuazione degli italiani dal Libano. La partenza del primo volo charter era prevista per ieri sera alle 21,45 dall’aeroporto di Beirut con arrivo a Roma Fiumicino intorno a mezzanotte e trenta (orari approssimativi perché subordinati alle condizioni di operatività dello scalo libanese). A bordo dell’aereo 180 persone, le prime che – dopo giorni di incertezza – sono finalmente riuscite a lasciare il paese dopo essere state contattate dall’ambasciata italiana. E come l’Italia lavorano per riportare i propri cittadini in patria anche Spagna (ieri due aerei hanno riportato in patria 240 spagnoli sui circa 400 presenti nel paese dei Cedri) e Gran Bretagna (i primi 150 sono già rientrati). Mentre una portavoce di Palazzo Berlaymont ha detto che la Commissione europea sta lavorando con i Paesi membri per favorire le partenze dei cittadini europei che vogliono lasciare il Libano.

Ad annunciare il rientro dei nostri connazionali dal Libano era stato ieri mattina il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo in parlamento. Ma l’aggravarsi della crisi ha spinto il titolare della Farnesina ha chiedere anche ai circa 700 italiani che si trovano in Iran a tornare in Italia con i voli commerciali che, ha detto, «sono in graduale ripresa». «L’unità di crisi della Farnesina – ha aggiunto Tajani -, le nostre ambasciate a Beirut, Teheran e Tel Aviv e il consolato generale a Gerusalemme lavorano senza sosta per offrire costanti aggiornamenti di sicurezza e ogni possibile assistenza».

Tornando al Libano gli italiani che si trovano nel paese per motivi di lavoro non sarebbero più di 300 ai quali ne vanno però aggiunti circa 3.000 che hanno un doppio passaporto, non tutti interessati però a lasciare il paese. Cristiano Lippa, dallo scorso mese di gennaio docente alla Lebanese American University, è tra i connazionali che ieri si trovavano in aeroporto a Beirut in attesa di partire: «L’ambasciata mi ha contattato alle due del pomeriggio e un funzionario mi ha chiesto se ce la facevo a trovarmi in aeroporto per le quattro. Ho fatto tutto di corsa ma alla fine sono qui», racconta al telefono mentre aspetta di essere imbarcato. Il biglietto per tornare a Roma lo ha pagato 300 dollari. «Nei giorni scorsi – prosegue – ho provato a cercare un biglietto per partire, anche con l’aiuto dei miei colleghi dell’università che mi hanno consigliato di andare via. Con enorme fatica sono riuscito a trovarne uno, che ho pagato tantissimo, per domenica prossima e che adesso devo disdire».

Nell’organizzare l’evacuazione degli italiani ci sarebbe stata però un po’ di confusione. Stando a quanto racconta un operatore umanitario, nei giorni scorsi si era sparsa la voce che l’ambasciata stava organizzando il rimpatrio dei primi connazionali. Non a tutti, però, sarebbe stato chiesto se volevano rientrare in Italia. «Da quanto si è capito – spiega l’operatore – sarebbero stati contattati gli italiani che vivevano nel Sud del paese, quanti si trovano in Libano solo temporaneamente e chi viveva vicino al confine con la Siria. In aeroporto, però, abbiamo visto arrivare anche persone che vivono a Beirut».

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