Rigassificatore in vista, Vado Ligure si ribella
Clima La protesta, che coinvolge anche altri comuni costieri, il 6 febbraio sbarca a Sanremo, in apertura del Festival della canzone italiana
Clima La protesta, che coinvolge anche altri comuni costieri, il 6 febbraio sbarca a Sanremo, in apertura del Festival della canzone italiana
Non solo canzonette, la protesta contro il proposto spostamento del rigassificatore di Snam da Piombino a Vado Ligure farà tappa anche al Festival di Sanremo. I comitati dell’area del savonese, che sarà impattata dall’arrivo della mega-nave gasiera Golar Tundra, hanno infatti già fatto sapere che «prenderanno parte» all’evento pop dell’anno. E non certo per ascoltare i brani dei Ricchi e Poveri o di Nek. Il giorno dell’apertura della kermesse canora, il 6 di febbraio, si preannuncia un evento di protesta proprio a Sanremo, intanto la mobilitazione è ormai sempre più estesa e tocca tutti i comuni dell’area costiera.
A METÀ GENNAIO UNA PETIZIONE da inviare al Parlamento Europeo contro il «trasloco» del rigassificatore ha raccolto oltre 8 mila firme in una settimana. La petizione è stato lanciata dal giurista ambientale Marco Grondacci su richiesta di due europarlamentari del Movimento 5 Stelle, Mariangela Danzì e Tiziana Beghin. Il documento, indirizzato alla Commissione per le petizioni e composto da 30 pagine, ha come obiettivo di «porre all’attenzione della Commissione la procedura in corso per il rilascio della autorizzazione unica alla unità rigassificatrice galleggiante davanti alla costa di Vado Ligure», e ipotizza «numerose violazioni delle norme comunitarie» nell’iter «ma anche delle modalità istruttorie con le quali il suddetto procedimento è stato ad oggi impostato».
LA POPOLAZIONE DEL SAVONESE e di Vado Ligure in particolare non vuole rivivere l’incubo legato a un’altra opera fossile, la centrale a carbone della Tirreno Power sita proprio a Vado, cui si addebitava la forte incidenza tumorale e delle malattie respiratorie dell’area. L’impianto fu sequestrato l’11 marzo 2014 con una coraggiosa ordinanza del Tribunale di Savona perché rappresentava una minaccia immanente per la salute della popolazione locale ed era gestita violando la legge. Le componenti a carbone sono state chiuse, mentre parte della centrale è stata comunque convertita a gas. La pesante eredità del passato, la presenza di un impianto a gas e di altre industrie pesanti sono più che sufficienti per dire no a un rigassificatore, a cui negli anni scorsi si era registrata già una forte opposizione anche nel territorio del livornese, dove si trova il porto di Piombino.
LA CITTÀ TOSCANA ERA STATA SCELTA come sede della nave gasiera con una portata di cinque miliardi di metri cubi di gas l’anno nel pieno dell’emergenza energetica provocata dallo scoppio della guerra in Ucraina. Il no al rigassificatore era arrivato anche dall’amministrazione comunale a guida Fratelli d’Italia, che negli ultimi giorni si è vista respingere dal Tar il suo ricorso, presentato insieme a Greenpeace, Usb e Wwf. I ricorrenti sono stati condannati a pagare le ingenti spese legali – 90 mila euro solo per il comune – scatenando la rabbia del sindaco Francesco Ferrari, in evidente corto-circuito con un governo guidato dal suo stesso partito e che punta deciso sul gas.
LA STRAORDINARIETÀ DELL’IMPIEGO della Golar Tundra, pienamente funzionante dallo scorso anno, era corroborata dal fatto che la nave a Piombino ci sarebbe rimasta solo fino al 2026. Ora lo spostamento a Vado implica un ciclo di vita molto più lungo, potenzialmente fino al 2050 e oltre, con buona pace degli impegni italiani per rispettare il taglio di emissioni dei gas serra imposto dall’Accordo di Parigi. D’altronde le opere finanziate dal PNRR nel capitolo di Repower EU come la Dorsale Adriatica e l’adattamento dei due terminal di import di Poggio Renatico e Malborghetto, stanno lì a ribadire il concetto: il gas è il mantra di istituzioni e giganti dell’energia come Snam ed Eni e per questo vanno realizzate tutte le infrastrutture necessarie. Pazienza se, come già accennato, siano destinate a durare decenni e sconfessino tutti i buoni propositi sulla «giusta transizione» o semplicemente sulla possibilità di affrancarsi dalle turbolenze geopolitiche. Ma poi ci serve davvero tutto questo gas? Non proprio, a leggere i dati ufficiali pubblicati dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Nel 2022, infatti, il consumo di gas nel nostro Paese si è attestato sui 68,5 miliardi di metri cubi. Un decremento di ben 7,4 miliardi di metri cubi rispetto al 2021. Parliamo di quasi il 10 per cento in meno e del dato più basso dal 2015 a questa parte. Numeri su cui ci sarebbe da riflettere molto, ma che evidentemente i padroni del vapore fanno finta che non esistano.
ANCHE SUL RIGASSIFICATORE DI PIOMBINO ci sono cifre poco confortanti. Secondo il think tank statunitense IEEFA, nel 2023 è stato impiegato solo intorno al 22 per cento della sua capacità.
IN ATTESA DI RICEVERE I NUOVI DATI ufficiali, si aspetta anche la decisione sul trasferimento datato 2026, che dovrebbe giungere prima dell’estate da parte Commissario straordinario Giovanni Toti. Nel frattempo ferve la battaglia con le carte bollate. Lo scorso settembre, ReCommon e Greenpeace, insieme a 50 realtà locali, hanno presentato le loro osservazioni sul progetto al Commissario e in un secondo momento anche alla sede di Valutazione d’impatto ambientale nazionale. Al momento la procedura è bloccata per decisione di Toti. Nel documento viene evidenziato come manchi una piena considerazione degli impatti delle emissioni climalteranti che si sommerebbero al comparto industriale già in essere, per un impianto non emergenziale che vuole essere collocato per più di 25 anni. Vengono infatti analizzati solo gli impatti delle opere in fase di realizzazione nei prossimi anni, mentre nel computo non abbiamo la centrale a gas TirrenoPower da 800 mw, la piattaforma portuale logistica di Maersk, una delle più grandi del mar Tirreno, e la raffineria del gruppo Sarpom con i relativi depositi (di proprietà Exxon) per citare solo gli impianti più impattanti.
NON SI È VALUTATO NEANCHE l’impatto del nuovo progetto di installazione dei depositi di gas liquido da 20 mila metri cubi né le sue eventuali emissioni fuggitive. Questi e gli impatti delle infrastrutture del gas legati alle emissioni, sono i cahiers de doléances di un territorio da anni martoriato dalla piaga dell’estrattivismo.
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