L’obbligo di residenza in Italia da almeno dieci anni per accedere al reddito di cittadinanza anche per persone titolari di protezione internazionale è in contrasto con il diritto europeo. Questo è quanto scrive il tribunale di Bergamo per mano della Giudice del lavoro Giulia Bertolino con un’apposita ordinanza. Per la magistratura bergamasca della questione dovrà interessarsi la Corte di Lussemburgo in quanto il requisito contrasta con la direttiva 2011/95 che garantisce ai titolari di protezione internazionale la parità di trattamento con i cittadini italiani nelle prestazioni di assistenza sociale e nell’accesso ai servizi. Se la Corte europea si esprimesse contro la normativa italiana più della metà dei rifugiati attualmente residenti in Italia potrebbero accedere al reddito di cittadinanza.

L’ordinanza arriva dopo una delle innumerevoli segnalazioni da parte di cittadini, titolari di protezione internazionale, ai quali era stato respinta la domanda. In questo caso, grazie al supporto della Cgil di Bergamo e dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), gli avvocati Alberto Guariso, Ilaria Traina e Giovanna Maggi sono riusciti ad ottenere questo primo, importante risultato. L’esclusione dei titolati di protezione internazionale dal reddito di cittadinanza secondo l’Asgi e la Cgil «violerebbe l’obbligo di parità di trattamento previsto dalla direttiva comunitaria e non risponderebbe ad alcuna ragionevole motivazione non avendo lo Stato interesse a escludere da un percorso di inserimento persone bisognose che hanno una presenza stabile in Italia e sono comunque titolari di un permesso a tempo indeterminato».

In attesa che la Corte di giustizia europea si pronunci sul caso (analogo parere è atteso a breve dalla Corte costituzionale) Asgi e Cgil chiedono «che il governo e il parlamento pongano mano a un requisito fortemente sospetto di illegittimità che esclude persone bisognose dalla possibilità di accedere a un percorso di uscita dalla marginalità».