Occorre evocare il teatro dell’assurdo di Beckett e Ionesco per rendere conto di quanto avvenuto in Parlamento su due riforme che cambierebbero completamente il quadro costituzionale del Paese, vale a dire l’Autonomia differenziata e il premierato elettivo.

Ieri è stato deciso che sostanzialmente la Camera non esaminerà il ddl Calderoli, approvando a scatola chiusa il testo inviato dal Senato, in quel monocameralismo alternato che abbiamo imparato a conoscere sui decreti legge.

Per quanto riguarda il ddl Casellati sul premierato, l’elemento surreale consiste nel fatto che la Commissione Affari costituzionali del Senato ha stabilito che il testo può essere interpretato in molteplici modi, ma che verrà approvato lo stesso in questa versione per un accordo politico tra Fdi e Lega per affrontare la campagna elettorale delle europee sventolando i due provvedimenti bandiera, e soprattutto sventolando lo scalpo della attuale Repubblica.

Sull’Autonomia differenziata la Commissione Affari costituzionali sta ancora svolgendo le audizioni, da cui stanno emergendo richieste di modifiche al testo approvato dal Senato.

Tuttavia la maggioranza ha oggi deciso una improvvisa accelerazione. Il provvedimento, che la Commissione di palazzo Madama ha esaminato per sei mesi, dovrà essere approvato dalla Commissione della Camera in pochi giorni, entro il 24 aprile, ricorrendo a sedute notturne se necessario, per bocciare gli emendamenti delle opposizioni.

Sì, perché l’accordo è di non modificare il ddl Calderoli così da portarlo in Aula il 29 aprile e farlo diventare legge entro le europee. È il frutto del nuovo patto tra Meloni e Salvini, comunicato ai capigruppo di maggioranza da Calderoli in persona. L’unica chance per non far tracollare la Lega al Nord alle europee e garantire la tenuta del governo.

Il corrispettivo di tale dazio è l’accelerazione del premierato in Commissione Affari costituzionali del Senato, che concluderà l’esame del ddl Casellati sul premierato il 23 aprile, senza modifiche all’ultima versione del testo, benché la ministra abbia ieri ammesso che è sbagliato. Essendo tuttavia il frutto di una delicata mediazione tra Lega e Fdi è meglio non toccarla.

Ma in cosa consiste lo sbaglio del testo? Nel fatto che, ha convenuto la ministra, può essere interpretato in svariati modi su un punto essenziale: i poteri del premier eletto ma dimissionario di chiedere le elezioni anticipate al Presidente della Repubblica, i poteri di questi di accedere o meno a tale richiesta, il potere del premier dimissionario di chiedere un reincarico, magari con il sostegno di una maggioranza diversa, o passare la mano a un altro esponente della sua coalizione.

Andrea Giorgis (Pd)
Una riforma dannosa per l’intero Paese, non risolve i problemi che dice di voler risolvere, non garantirà stabilità, unico effetto ridurre la partecipazione democratica

È chiaro, come ha rilevato Giorgis del Pd, che interpretazioni diverse conducono a un conflitto tra organi dello Stato. Nell’ultima versione dell’art 4 del ddl Casellati vengono infatti normati i casi di dimissioni volontarie del premier eletto, ma non quelli del premier a cui il Parlamento nega la fiducia e che si dimette obbligatoriamente e non volontariamente.

Ma Casellati ha detto che il governo «interpreta» queste dimissioni come volontarie e non obbligatorie, come invece vuole la prassi (vedi i governi Prodi del 1998 e 2008 e il governo Draghi nel 2022) e la dottrina.

Inoltre, il leghista Paolo Tosatto ha fatto notare che la formulazione grammaticale del testo può essere intese nel senso che il Presidente della Repubblica può respingere la richiesta di scioglimento delle Camere fatta dal premier dimessosi volontariamente: anche qui Casellati ha detto che il governo «interpreta» diversamente il passaggio, che cioè il Capo dello Stato dovrà sciogliere il Parlamento come richiesto dal Presidente del Consiglio, anche se non c’è scritto così.

Ci si sarebbe aspettati emendamenti al testo che rendessero espliciti gli intendimenti del governo. Ma così non è avvenuto.

Il testo è sbagliato sul versante giuridico istituzionale, ma è «giusto» su quello della politique-politicienne. Un chiarimento farebbe saltare le possibilità di manovre di Palazzo che la Lega vuole che siano contemplate, nella convinzione salviniana di essere destinata a rimanere un junior partner di Fdi e Meloni.

Si fa così una riforma costituzionale? Come non condividere il grido alla maggioranza dalla senatrice 5s Alessandra Maiorino: «Ravvedetevi!».