Italia

Riforme, il ritorno dei «cattolici per il No»

Costituzione Intervista a Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all'università di Macerata

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 20 marzo 2016

Dopo 42 anni tornano i «cattolici per il no». Nel 1974 era per dire no all’abrogazione della legge sul divorzio. Oggi è per dire no alla riforma della Costituzione Renzi-Boschi su cui i cittadini saranno chiamati ad esprimersi nel referendum confermativo di ottobre. Ci sono vescovi come mons. Nogaro, religiosi “di frontiera” come Alex Zanotelli e le suore orsoline di Casa Rut a Caserta, personalità del mondo cattolico come Raniero La Valle e Vittorio Bellavite di «Noi Siamo Chiesa», storiche riviste di area come Adista e il tetto. Hanno firmato un documento («No alla democrazia dimezzata») che sarà presentato domani alle 16.30 alla Federazione nazionale della stampa (Corso Vittorio Emanuele 349, Roma). Ne abbiamo parlato con uno dei firmatari, Roberto Mancini, ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Macerata.

Per quale motivo anche i cattolici scelgono di impegnarsi per la Costituzione?
La ragione è la difesa della democrazia. La riforma costituzionale voluta dal governo Renzi segna il passaggio da un ordinamento democratico ad uno oligarchico. Una simile “riforma” è pericolosa perché liquida la Costituzione della Repubblica ed esprime una logica per cui la democrazia è considerata superata in confronto al potere del mercato. Perciò è giusto opporsi a questa falsa riforma come cittadini. Poi è importante esplicitare quelle motivazioni a opporsi che nascono dalle convinzioni più profonde: le fedi e le molte visioni della vita, comprese quelle atee e agnostiche. Questo vale non solo per i cattolici, ma per tutti.

Nel documento si dice: «Noi, che pur non siamo soliti nominare la fede nella lotta politica, questa volta diciamo no proprio come cattolici». Perché?
Questo richiamo si giustifica per due ragioni. La prima sta nel fatto che la dedizione al bene comune e alla giustizia è richiesta dalla fede stessa. La seconda è legata al debito storico del cattolicesimo nei confronti dell’Italia. Se per un verso molti cattolici hanno dato un contributo prezioso alla vita del Paese, per altro verso il cattolicesimo infedele al Vangelo è stato storicamente una disgrazia. La religione è stata usata per costruire un sistema di potere ipocrita, cinico e oppressivo. Perciò prendere posizioni da cattolici su questioni vitali serve a onorare il debito morale con l’Italia e a mantenere distanza critica dall’uso della religione a fini di potere.

Alcuni obiettano: cosa c’entrano i cattolici con la Costituzione? Non è un tema religioso…
Chi vuole seguire il Vangelo ha a cuore la fraternità e la sororità universali, la giustizia secondo la dignità umana, la salvaguardia della natura, la disponibilità a servire invece che a comandare. Sono cose che hanno trovato un’approssimazione storica collettiva nella democrazia molto più che in qualsiasi altra forma di ordinamento della vita pubblica. Perciò la difesa di un ordine democratico di convivenza, fondato sulla Costituzione, rientra nell’impegno di un cristiano.

Quali sono i punti maggiormente negativi della riforma?
Da un lato c’è la creazione di un Senato che non scaturisce veramente dalla scelta dei cittadini ma che è configurato apposta per funzionare come strumento del potere esecutivo; dall’altro, un riassetto del rapporto tra Stato e Regioni che centralizza le decisioni rilevanti nelle mani del governo, calpestando l’esigenza democratica del decentramento e della diffusione del potere, in modo che esso sia realmente partecipato, bilanciato e controllabile. Di conseguenza si rischia che il potere politico diventi sempre più oligarchico e autoreferenziale, che l’equilibrio della partecipazione e del controllo democratico sia radicalmente compromesso, che i cittadini si troveranno ancora più distanti dalle istituzioni repubblicane e ancora più soli ad affrontare problemi e iniquità, che i poteri finanziari transnazionali saranno ancor più forti nel ridurre la politica e lo stato a loro strumento.

La nostra è una Costituzione vecchia e da cambiare?
La nostra Costituzione è molto capace di futuro perché assume la democrazia e i suoi valori fondanti come forma della società e non solo come mero sistema elettorale e di governo. È democratica quella società in cui la dignità umana, il valore della natura e il bene comune sono il criterio più alto, e tutto il resto deve servire a realizzare tale criterio. Quindi non si tratta di modificare la Costituzione, ma di attuarla.

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