Ricerca su embrioni, la Consulta rinvia la palla al parlamento
Fecondazione assistita La Corte costituzionale: «Sul divieto imposto dalla legge 40 decida il legislatore». Inascoltato l’appello di Elena Cattaneo. L’associazione Coscioni lancia una petizione al Parlamento, in attesa di una nuova ordinanza del tribunale di Cagliari, e annuncia: «Non è escluso il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo»
Fecondazione assistita La Corte costituzionale: «Sul divieto imposto dalla legge 40 decida il legislatore». Inascoltato l’appello di Elena Cattaneo. L’associazione Coscioni lancia una petizione al Parlamento, in attesa di una nuova ordinanza del tribunale di Cagliari, e annuncia: «Non è escluso il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo»
Questa volta la Corte costituzionale ha preferito non entrare nel merito, rinviando al legislatore la decisione da prendere. E nel frattempo i ricercatori italiani dovranno continuare a importare dall’estero le staminali embrionali necessarie per proseguire i loro studi scientifici, come accade attualmente.
I giudici della Consulta infatti ieri hanno dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata dal tribunale di Firenze in seguito al ricorso presentato da una coppia, lasciando così in vigore il divieto, imposto dalla legge 40, di donare alla ricerca gli embrioni non idonei per una gravidanza. Si tratta di cellule non impiantabili perché portatrici di una patologia o perché presentano difetti pericolosi per la salute della donna o anche solo per il motivo che sono state prodotte da troppo tempo. In ogni caso, embrioni che possono solo rimanere crioconservati per sempre: migliaia, di quei circa 10 mila che giacciono nelle celle frigorifere dei centri di Procreazione medicalmente assistita italiani, di cui 3.862 sono embrioni ufficialmente abbandonati, appartenenti a 939 coppie, e 6.279 sono embrioni di persone non rintracciabili da più di un anno.
Il no della Consulta alla questione sollevata dal tribunale di Firenze è «in ragione dell’elevato grado di discrezionalità – scrivono i giudici costituzionalisti nel dispositivo finale – per la complessità dei profili etici e scientifici che lo connotano, del bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell’embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, impropriamente, il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore».
In sostanza, la Corte ha condiviso completamente le argomentazioni, contrarie alla questione di costituzionalità, portate per conto del governo dall’avvocata dello Stato, Gabriella Palmieri, che durante l’udienza – peraltro assai breve – ha sostenuto la necessità «su questo tema» di «ridare un ruolo centrale al Parlamento». «Si tratta dell’ultimo tassello sui cui ancora la Corte deve pronunciarsi nella Legge 40 – ha detto l’avvocata Palmieri – qui si intersecano piani costituzionali, internazionali e scientifici», e «la normativa prevede un bilanciamento tra più interessi e più diritti: la questione va riportata al legislatore».
Eppure era stato lo stesso giudice Mario Rosario Morelli, relatore per la Consulta dell’ordinanza del tribunale di Firenze, a sottolineare che nella legge 40 non è stata considerata «la funzione di solidarietà» della donazione degli embrioni ai fini della ricerca applicata a tutelare la salute collettiva, in piena osservanza dell’articolo 32 della Costituzione. Tanto più perché si tratta di una precisa categoria di embrioni, quelli «non più idonei alla gravidanza», aveva spiegato il giudice Morelli. «La crioconservazione di questo tipo di embrioni durerà per sempre», aggiunge il legale della coppia che ha presentato ricorso, l’avvocata Filomena Gallo che però, come il suo collega Gianni Baldini, non è stata ascoltata dalla Corte che non ha ammesso la difesa per un vizio procedurale.
E così non sono stati ascoltati neppure i sei scienziati di fama internazionale che erano stati chiamati dagli avvocati della coppia a testimoniare dell’importanza di questi studi, tra i quali il professore Michele De Luca e la senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha fatto «appello alla Corte» di «azionare in proprio i poteri istruttori, per ascoltare esperti e scienziati». Appello rimasto inascoltato.
Ma i ricercatori italiani che lavorano tentando di non dover rimanere un passo indietro rispetto agli altri Paesi europei, possono sperare ora che il tribunale di Cagliari sollevi un’eccezione di legittimità analoga sul caso di una coppia, difesa dall’avvocata Gallo, che vuole donare i propri embrioni non più utilizzabili perché portatori di talassemia.
Oppure possono contare sui Radicali italiani e sull’associazione Coscioni che hanno annunciato di non escludere «il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo», qualora perdurasse «l’inerzia del legislatore a dare una risposta a un settore così rilevante e importante per la cura di patologie gravi, come ad esempio il Parkinson». E che, a partire dall’appello in difesa della libera ricerca in Italia firmato da migliaia di persone e da più di 600 scienziati di 22 Paesi del mondo, hanno lanciato ieri una petizione al parlamento italiano affinché non rimanga sordo alle «richieste dei malati e della scienza».
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