Alla fine non c’è stato neppure bisogno di incontrarsi e i commenti maliziosi erano inevitabili: «Quei due proprio non si possono vedere». La lista comune Calenda-Renzi però era nell’ordine delle cose, necessaria per entrambi, dunque inevitabile. La annuncia su Fb Matteo il Generoso, quello che ha scelto di passare la palla alla nuova punta: «Abbiamo deciso di provarci. Lascio volentieri che sia Calenda a guidare la campagna elettorale. Faccio il primo passo con il sorriso: perché so che sarete in tanti a camminare con noi». Ci mette anche un video su Istagram: lui su un campetto di calcio, naturalmente con la maglia numero 10, che passa la palla: «Anche in politica servono gli assist».

Il leader ormai ufficiale e riconosciuto conferma poco dopo: «Nasce un’alternativa seria al bipopulismo di destra e sinistra. Ringrazio Matteo Renzi per la generosità». Già alla prima uscita nella nuova veste, però, il leader romano crea una piccola polemica, per la verità infondata: «Io sono il leader di questa campagna elettorale. Rimane l’autonomia dei partiti che però definiscono di fare i gruppi insieme dopo le elezioni», dichiara. Per il sondaggista ed esperto in comunicazione politica Antonio Noto, secondo cui il Terzo Polo può ambire al 10%, si tratta di un passo falso perché lascia un dubbio sulla volontà di creare un solo gruppo parlamentare. In realtà Calenda era stato chiaro e comunque Azione specifica a stretto giro: il gruppo unico ci sarà.

La formula era anch’essa, in fondo, imposta dai rispettivi interessi. Calenda avrebbe preferito la coalizione tra due gruppi distinti ma per questo sarebbe stato necessario raccogliere le firme in tempi record: missione impossibile. Renzi, che sa di dover fare i conti con un’immagine pubblica deteriorata, ha tutta la convenienza nel non esporsi troppo in prima persona ed è convinto di poter comunque esercitare il ruolo di regista grazie all’indiscussa abilità. Le candidature saranno equamente divise, ciascuno con il 50% dei candidati. Si vedrà nei prossimi giorni quale spazio lasciare a Pizzarotti, che ha già salutato con entusiasmo la nuova creatura politica. Quanto agli spazi video, il partito del leader avrà qualcosa in più: 60% ad Azione, 40% a Italia Viva.

Nel logo elettorale ci saranno i simboli dei due partiti più il richiamo al gruppo europeo Renew Europe e campeggerà il nome del leader fresco d’incoronazione. Solo il tempo dirà quanto compatibili si riveleranno le due personalità sin qui spesso molto conflittuali.

Dalle ministre Carfagna e Gelmini agli interi stati maggiori di entrambe le formazioni, i brindisi di festeggiamento battono tutti sugli stessi tasti, ripetono una parola «serietà»e un nome «Draghi». Non c’è bisogno di approfondire oltre. La campagna elettorale del Terzo Polo sarà questa: insistenza sulla serietà, contrapposta evidentemente alla mancanza della stessa di tutti gli altri, e tentativo di imporsi come il vero, ancorché non riconosciuto, partito del premier. Su quel simbolo è scritto Calenda ma dovrebbe leggersi, negli auspici dei due leader, Mario Draghi.

Non a caso le reazioni più caustiche sono arrivate tutte da Forza Italia. Il partito azzurro è quello che più teme la concorrenza dei “terzopolisti”, non solo per il richiamo delle due ministre passate ad Azione e per il disagio dovuto all’egemonia di FdI ma anche perché l’offerta del Terzo Polo è affine alla domanda di quella che è oggi Fi. Il Pd invece non calca troppo i toni. La presenza in campo della nuova formazione è un problema enorme, soprattutto perché Calenda e Renzi pescano proprio nelle aree benestanti che erano sino a ieri i “collegi sicuri” del Pd, mettendoli praticamente tutti a rischio tranne una decina.

La speranza però è che al danno si affianchi almeno anche un parziale vantaggio e che i nuovi soci possano erodere un po’ il consenso della destra. Ma da ieri, in quella che comunque è stata un’operazione disastrosa, per il Pd c’è un guaio in più. L’alleanza con Calenda avrebbe liberato il Nazareno da Renzi, spina nel fianco da un decennio e di quelle acuminate. Nel nuovo quadro, invece, con le incursioni del pirata di Rignano dovranno continuare a fare i conti almeno per un’altra legislatura.