Alle 19 in punto, mentre il presidente della Camera Fontana sta ancora parlando, dai banchi della Camera scatta la fuga dei deputati che agguantano i trolley per precipitarsi a prendere il taxi. La votazione finale sulla manovra è appena finita: 200 sì, 112 no, la pratica è archiviata, ora si pensa solo alle feste di Capodanno.

IL “PATTO DEL COTECHINO” tra maggioranza e opposizione, siglato la scorsa settimana in capigruppo, ha retto alla prova. Nonostante i toni appuntiti dell’ultima seduta dell’anno, l’accordo sull’esigenza di chiudere i lavori entro ieri ha funzionato: niente fiducia da parte del governo in cambio di un numero limitato di emendamenti (circa 90, tutti bocciati) e niente ostruzionismo. Tra i banchi delle minoranze si percepiva però qualche rimpianto: «Avremmo potuto fermare l’approvazione e portarli a gennaio, all’esercizio provvisorio».

Per Meloni, che dall’inizio voleva una manovra blindata da chiudere già prima di Natale (e per questo ha impedito emendamenti della maggioranza) sarebbe stata una magra figura. E un bel colpo per le opposizioni. «Non si va all’esercizio provvisorio solo per la generosità delle opposizioni, a mio parere eccessiva», ha detto in aula Benedetto Della vedova di +Europa, convinto che bisognasse spingere sull’ostruzionismo. «E invece è stato fatto un regalo al centrodestra, ho provato a dirlo ai partiti più grossi, non era mai successo che la manovra arrivasse alla Camera in prima lettura tra Natale e Capodanno», spiega.

Una opinione condivisa anche dentro il Pd. «Tra noi ha prevalso la prudenza, ma andare all’esercizio provvisorio non sarebbe stato un dramma per il Paese», sbuffa un deputato. E un altro: «Dovevamo fare di più, soprattutto nel giorno in cui è esploso lo scandalo Verdini». E invece no: pare che nella decisione dei big delle opposizioni abbia pesato anche l’accordo con le destre sulla diretta tv delle dichiarazioni di voto finali nella fascia oraria tra le 18 e le 19.

IL GOVERNO, CON LA sottosegretaria all’Economia Lucia Albano (Fdi) ha risposto dando parere favorevole a svariati ordini del giorno delle minoranze, da quello della dem Sara Ferrari per i fondi ai centri e le case rifugio per le donne vittime di violenza, a sconti fiscali per i piccoli comuni montani, la nuova tratta ferroviaria Cagliari-Sassari-Olbia e la stabilizzazione del personale assunto a termine nelle zone terremotate. Un governo generoso nell’accoglimento di ordini del giorno che non costano nulla, non impegnano e consentono ai parlamentari delle opposizioni di fare bella figura nei loro collegi.

IL CLIMA DI FAIR PLAY post natalizio viene rotto all’improvviso dal capogruppo di Fdi Tommaso Foti, che nella sua dichiarazione di voto si scaglia contro le opposizioni che «descrivevano un’Italia sull’orlo del fallimento» e poi, tra le ovazioni dei suoi, cita prima la chiusa del manifesto futurista di Filippo Tommaso Marinetti «Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle» (nello stesso testo si inneggia alla guerra «sola igiene del mondo» e al «disprezzo della donna») e poi la canzone «Il domani appartiene a noi», brano degli anni 70 della «Compagnia dell’Anello» (gruppo vicino all’estrema destra); brano che divenne inno dei giovani missini poi passato ai ragazzi di An tra cui è crescita Meloni. «Una delle canzoni della mia gioventù», spiega Foti, senza spiegare cosa c’entrasse esattamente con l’approvazione della legge di Bilancio.

L’ORGOGLIO POST MISSINO sfoggiato in aula acuisce visibilmente il rimpianto tra i banchi delle opposizioni. E anche la rabbia: «Saranno pure al governo, ma la puzza di fascismo non riescono a togliersela di dosso», attacca il dem Arturo Scotto via social. «Foti inquietante», rincara il collega Andrea De Maria. «Il passato ritorna in nuove forme e spesso in farsa. Ma rimane pericoloso».

Non c’è tempo per discutere in Aula del rigurgito post missino: sono già andati tutti via. Schlein dal suo scranno aveva provato ad alzare i ton i: «La manovra di quest’anno è interamente figlia vostra, non avete alibi: figlia della vostra arroganza, del vostro disinteresse per i più deboli. Le misure più significative come il taglio del cuneo fiscale e la riforma dell’Irpef valgono solo per il 2024, giusto il tempo di scavalcare le europee».

Conte non parla in aula, si affida ai social: «Una legge di bilancio di tagli e tasse da far invidia ai peggiori governi tecnici». Il M5S attacca soprattutto suol nuovo patto di stabilità: «Meloni ha chinato il capo di fronte a Germania e Francia. Con il nuovo patto l’Italia sarà costretta a tagli da oltre 12 miliardi l’anno che colpiranno i cittadini e i loro diritti», dice Conte. Marco Grimaldi di Sinistra-Verdi evoca una patrimoniale sul 5% della popolazione più ricca: «La giustizia sociale fa sempre paura». Conte e Schlein si fanno gli auguri in Transatlantico con un abbraccio : «Ci sentiamo», dice lei. «Buon anno».