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Referendum: il Pd discute, ma in tv fa già campagna per l’astensione

Referendum: il Pd discute, ma in tv fa già campagna per l’astensione

La minoranza interna chiede di correggere la posizione sulle trivelle nella (ancora lontana) prossima direzione: «Possiamo cambiare rotta». Ma da ieri i rappresentanti del partito sono nelle tribune politiche Rai e stanno invitano gli elettori a non votare. Renzi fa propaganda dagli Usa: un mondo solo di energie rinnovabili è un sogno. Wwf e Greenpeace: il suo governo favorisce le fonti fossili

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 30 marzo 2016

L’identità del partito. La minoranza interna attacca la decisione del Pd di schierarsi per l’astensione al referendum sulle trivellazioni richiamando i tratti originari del partito. «Partecipare al referendum del 17 aprile e votare parla all’identità costitutiva del Pd», dice il senatore bersaniano Miguel Gotor. «Pd è simbolo di partecipazione democratica e di assunzione di responsabilità, l’astensione è la negazione di questi principi», scrive su facebook il capofila della minoranza, Roberto Speranza. La replica del fronte renziano attinge alle stesse munizioni. Ma anche al lavoro di archivio del comitato per il non voto «Ottimisti e razionali» che da giorni sta richiamando un precedente scomodo per gli ex democratici di sinistra. Ernesto Carbone, deputato calabrese fedelissimo del segretario Pd, rimanda su twitter un vecchio manifesto dei Ds che invita all’astensione in occasione del referendum sull’articolo 18 del 2003: «Non votare un referendum inutile è un diritto di tutti». Nella memoria della rete si può trovare anche di più, dall’annuncio di D’Alema che diserterà quel referendum alle argomentazioni di Bersani, nella stessa occasione: «Il non voto è una scelta consapevole, questo referendum è percepito come non utile».
«Inutile» è la stessa espressione richiamata da Renzi per augurarsi il fallimento del prossimo referendum. È vero che quel partito di 13 anni fa (segretario Fassino, oggi renzianissimo) è lo stesso che al successivo referendum sulla procreazione assistita attaccò i vescovi e lo schieramento cattolico per la propaganda pro astensione, ma il precedente dell’articolo 18 (il referendum era stato proposto per estenderlo, oggi com’è noto il diritto al reintegro nel posto di lavoro è stato sostanzialmente abolito per legge) è un colpo basso per i bersaniani. Che infatti rispondono debolmente: «Basta nascondersi dietro un passato di cui nessuno più neanche si ricorda», dice Davide Zoggia; «ciò che era sbagliato nel 2003 lo è anche oggi», dice Nico Stumpo.

Mentre le polemiche vanno avanti, però, il partito del presidente del Consiglio ha già cominciato a fare la sua attiva campagna per l’astensione. Ieri è partito il ciclo delle tribune politiche sulla Rai previste dalla delibera della commissione di vigilanza, e la responsabile ambiente del Pd Chiara Braga si è seduta accanto al rappresentante dei «circoli ambiente e cultura rurale» per invitare all’astensione: «È una scelta costituzionalmente fondata che esprime dissenso verso un referendum fuorviante».
L’Agcom ha recentemente fotografato il pochissismo spazio dato dai telegiornali pubblici e privati al referendum, e per chi spera nella vittoria degli astensionisti non può esserci aiuto migliore. Ma anche nei pochi spazi previsti troveremo quasi sempre il Pd, favorito dall’essere l’unico partito ad aver scelto l’astensione. Su tredici tribune politiche da qui al 15 aprile, i democratici saranno presenti in nove, tre delle quali (ieri, oggi e dopodomani) andranno in onda prima della riunione della direzione in teoria dedicata a scegliere la posizione ufficiale del Pd rispetto al referendum. Alla quale guarda ancora Speranza: «Mancano sei giorni, siamo ancora in tempo per cambiare rotta».

La scelta dell’astensione non è stata annunciata pubblicamente dal partito, si è dovuto leggerla a tarda sera giorni fa sul sito dell’Agcom. Poi i due vice segretari Guerini e Serracchiani l’hanno presentata come una loro autonoma decisione (la prima?) per evitare il coinvolgimento formale del segretario e capo del governo. La direzione del 21 marzo avrebbe dovuto «ratificare» la scelta: «Vedremo chi ha in numeri per utilizzare il simbolo del Pd», disse Serracchiani. Lo si può certo immaginare, ma non lo si è potuto vedere e contare perché la direzione fu annullata all’ultimo momento in segno di lutto per l’incidente in Catalogna costato la vita a sette studentesse italiane. La prossima direzione ci sarà solo lunedì 4 aprile, tredici giorni prima del voto.
Nel frattempo Matteo Renzi ha preso al volo l’occasione del viaggio negli Stati uniti – in Nevada, per inaugurare un impianto Enel per la produzione di energia da fonti rinnovabili – per attaccare, senza citarlo, il referendum. «Un mondo che va avanti solo per rinnovabili per il momento è un sogno – ha scritto – il petrolio e il gas naturale serviranno ancora a lungo, non sprecare ciò che abbiamo è il primo comandamento per tutti noi». Gli hanno risposto i portavoce italiani del Wwf e di Greenpeace, ricordando come il governo Renzi abbia «tagliato retroattivamente gli incentivi al fotovoltaico» e, al contrario, «aumentato gli incentivi ai combustibili fossili».

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