“Referendum, il Csm non metta altri limiti alle toghe”
Riforme Intervista al vice presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Poniz. "Rispettare la libertà di partecipazione ribadita anche dalla Consulta. Legnini ha detto che il quesito sulla riforma ha valenza politica? Ma la discussione è diventata così aspra perché lo si è trasformato in un giudizio sul governo"
Riforme Intervista al vice presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Poniz. "Rispettare la libertà di partecipazione ribadita anche dalla Consulta. Legnini ha detto che il quesito sulla riforma ha valenza politica? Ma la discussione è diventata così aspra perché lo si è trasformato in un giudizio sul governo"
Il vice presidente del Csm Legnini ieri è stato ricevuto dal presidente della Repubblica – e del Csm – Mattarella. Era stato Legnini, dopo una telefonata con il Quirinale, a dire in televisione che «il referendum costituzionale di ottobre si è caricato di significato politico» e che per i magistrati «ci sono ragioni per avere più cautela». L’origine del caso è l’intervista, poi smentita, del consigliere del Csm Morosini al Foglio, assai dura con il governo e la riforma costituzionale. Il Csm discute se intervenire per tradurre l’auspicio di Legnini in una formale raccomandazione ai magistrati. Intanto oggi riceve la visita della nuova giunta dell’Associazione magistrati, guidata dal presidente Davigo. Che sempre oggi avrà il suo primo incontro con il ministro della giustizia Orlando. Luca Poniz, pm a Milano, è il vice presidente della giunta Davigo.
Troverebbe condivisibile una raccomandazione ai soli magistrati del Csm perché evitino di partecipare alla campagna referendaria?
Non la troverei condivisibile e faccio molta fatica a capire perché dovrebbe esserci una differenza tra i magistrati del Csm e tutti gli altri. Ovviamente non nego che esistano dei campi nei quali bisogna limitarsi. A un consigliere del Csm è chiesto di avere riserbo, e quindi «continenza» rispetto alle materie di stretta pertinenza consiliare. Ma secondo quale norma giuridica un consigliere dovrebbe essere limitato nel suo diritto costituzionale di esprimersi? Nessuno ce lo ha spiegato e la legittimità è un parametro tecnico, non una categoria dello spirito.
Non bastano le norme disciplinari che richiedono ai magistrati di non fare politica attiva?
La Corte costituzionale si è pronunciata sulla norma che ha introdotto sanzioni disciplinari per i magistrati iscritti a un partito politico o che fanno «sistematica e continuativa attività» in un partito. Ha detto, nel 2009, che questa puntuale limitazione trova una ragionevole copertura costituzionale, ma tutto il resto rientra nei diritti dei magistrati. Dunque si può parlare solo di opportunità. Come potrebbe il Csm limitare l’opportunità con una circolare? Sarebbe un’enormità.
Anche se la limitazione riguardasse solo le manifestazioni pubbliche, fermo restando il diritto di ogni magistrato a pronunciarsi per il sì o il no al referendum?
Sarebbe comunque una limitazione eccessiva. Voglio essere molto misurato perché domani (oggi, ndr) incontriamo il ministro e il Consiglio e dobbiamo discutere serenamente di principi, ma c’è un equivoco di fondo. La discussione è diventata così aspra solo quando al referendum è stata data una connotazione di giudizio non più sulla Costituzione ma su chi ha promosso la riforma. Operazione politica impropria e sbagliata sotto il profilo costituzionale.
Forza Italia fa notare che nel 2006 il presidente del Csm Rognoni partecipò alla campagna per il no alla riforma del centrodestra.
E non ci fu alcuna polemica di questo genere. Il che dimostra che il principio di cui parliamo, la libertà di espressione e partecipazione del magistrato, non era messo in discussione. Perché oggi invece viene messo in discussione?
Lei che risposta dà?
Non si può dire che fossero tutti distratti, né che non ci fosse una connotazione politica della contesa, c’è sempre quando è il governo a promuovere una riforma.
Allora governavano i sostenitori del no.
Se volessimo seguire questo filo logico dovremmo concludere che il diritto per i magistrati di esprimersi liberamente non dipende dal contenuto del referendum, ma dal significato che le parti politiche decidono di assegnarli.
Non crede che un magistrato impegnato nel referendum rischi di perdere quella «terzietà» alla quale ha richiamato Legnini?
Non capisco. Si sostiene davvero che un magistrato, per il solo fatto di volersi esprimere sul referendum, possa portarsi dietro un carico di pregiudizio contro una della parti in gioco? Basterebbe questo a offuscare la sua imparzialità? Rimettere in discussione questi principi è un arretramento clamoroso. Tra l’altro nessuno può sapere se la maggioranza dei magistrati è per il no o per il sì.
La sola corrente che si è schierata, Magistratura democratica, fa parte del comitato del no.
Spiegherà le sue ragioni partecipando ai dibattiti pubblici.
È la sua corrente, lei ha in programma di intervenire?
No, perché in questo momento sono il vicepresidente dell’Anm e non posso trascinare l’associazione in questa contesa. Le dirò di più, sono nettamente contrario a che l’Anm prenda posizione per il sì o per il no, perché al suo interno ci sono magistrati che si esprimono in gruppi e magistrati che non fanno parte di gruppi. Sul referendum l’Anm non deve schierarsi, ma rivendicare con forza il diritto di ciascun magistrato, individualmente o collettivamente, di poterlo fare.
La giunta lo farà?
Vedremo. Intanto avremo modo di ascoltare il vice presidente Legnini che ci chiarirà il suo pensiero su questi principi. Io stesso ho appena sperimentato che i tempi di un’intervista in Tv costringono alla sintesi. (Ieri sera Poniz è stato intervistato dal Tg3 delle 19, ndr).
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