Referendum, il bastone tra i banchetti
ROMA "Niente raccolta di firme nel prossimo fine settimana perché si vota contro le trivellazioni". La decisione - orale - della questura rischia di compromettere la campagna contro le riforme costituzionali, l'Italicum e per i quesiti sociali
ROMA "Niente raccolta di firme nel prossimo fine settimana perché si vota contro le trivellazioni". La decisione - orale - della questura rischia di compromettere la campagna contro le riforme costituzionali, l'Italicum e per i quesiti sociali
Divieto di banchetti a Roma. Per un fine settimana la questura vuole impedire che si raccolgano le firme per le campagne referendarie appena partite. Con una motivazione che preoccupa, perché se accolta metterebbe a rischio non solo il prossimo sabato e la domenica, ma anche quelli di giugno in cui si terranno le elezioni amministrative e i ballottaggi. Tre week-end in bianco, su dodici disponibili in tutto. E 500mila firme da raccogliere per ogni quesito.
Al rappresentate dei comitati per il sì all’abrogazione dell’Italicum – ma la raccolta delle firme è per tutti i referendum, anche quelli contro il jobs act, la nuova legge sulla scuola, le trivellazioni e gli inceneritori – la questura di Roma ha negato l’autorizzazione ai banchetti. Che in realtà è un semplice timbro di ricevuta sul preavviso che presentano gli organizzatori di una riunione in pubblico (l’ordinamento non prevede alcuna autorizzazione preventiva). La spiegazione che hanno dato i funzionari del questore Marcello D’Angelo è che la legge (212 del 1956) impedisce la propaganda elettorale diretta e indiretta nel giorno delle elezioni e in quello precedente. E domenica c’è il referendum sulle trivellazioni in mare.
Non si tratta dunque di «elezioni» e nemmeno si vota per i referendum per i quali si stanno raccogliendo le firme. Tutti lontanissimi ed eventuali: nella migliore delle ipotesi si terranno tra più di un anno. La raccolta delle firme riguarda altri temi e non è neanche descrivibile come una riunione di «propaganda». Eppure in questura hanno spiegato che la sigla dei proponenti – Comitato del sì – potrebbe creare confusione, trasformandosi in un invito a votare sì al referendum sulle trivelle, quello di domenica prossima. Fosse solo questo, basterebbe evitare cartelli e simboli per il sì ai banchetti. Ma evidentemente non è solo questo, tant’è vero che l’avvocato Pietro Adami, che per conto del comitato ha presentato la richiesta, fino a ieri sera non ha ricevuto un diniego scritto. È indispensabile per presentare ricorso al Tar del Lazio. Dalla questura è arrivato solo un rifiuto verbale, e la stessa cosa ha ottenuto il senatore di Sinistra italiana Francesco Campanella che ha contattato gli uffici del questore e poi ha denunciato in una dichiarazione «le indicazioni del ministro Alfano». «È una decisione illegittima e molto grave che rischia di compromettere la raccolta delle firme, anche per il referendum costituzionale», ha detto l’avvocato Felice Besostri del coordinamento contro l’Italicum.
Proprio domani mattina, infatti, il comitato per il no al referendum costituzionale – quello che a ottobre proverà a fermare la riforma approvata dal parlamento martedì scorso – presenterà in Cassazione il quesito sul quale partirà la raccolta delle firme (la legge di revisione costituzionale dovrebbe essere pubblicata oggi sulla Gazzetta ufficiale con la formula sospensiva, in attesa del referendum). Dovrebbero esserci anche questi nuovi moduli sui banchetti che a Roma la questura vuole impedire. Nel frattempo sia alla camera che al senato le opposizioni hanno deciso di raccogliere velocemente e tutte insieme le firme necessarie (65 senatori o 126 deputati) per proporre l’identico referendum confermativo. Cercando di battere sul tempo i parlamentari di maggioranza che – dopo aver votato a favore della riforma per tre volte in ogni ramo – proporranno il referendum, immaginandolo come un plebiscito sul governo e sul presidente del Consiglio.
È stato Renzi, infatti, appena 24 ore fa dall’Iran, a spiegare che «si può votare no solo per odio verso di me». E ad annunciare che farà campagna elettorale per il sì in prima persona «usando anche argomenti demagogici». Eppure proprio lui, tornato in Italia, ieri ha risposto su twitter alla domanda di un attore, sostenendo che «non sono io a trasformare il referendum in un plebiscito».
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