Lavoro

«Reddito di cittadinanza», il paradosso dei precari Anpal che rischiano la disoccupazione

«Reddito di cittadinanza», il paradosso dei precari Anpal che rischiano la disoccupazioneLa protesta all'Anpal – LaPresse

Workfare all'italiana Aiuteranno a trovare lavoro chi riceve il «reddito», ma già in due lo hanno perso. Sono a rischio altri 650. La protesta continua. Analisi di un dispositivo candidato a governare i lavoratori poveri e i poveri al lavoro attraverso gli algoritmi in cui può finire anche chi è opera da anni nel campo delle «politiche attive»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 24 maggio 2019

Dal primo giugno dodici operatori precari delle politiche attive del lavoro legati all’Anpal Servizi, l’agenzia in house al cuore del sistema del cosiddetto «reddito di cittadinanza» – diventeranno disoccupati. Si troveranno nella stessa condizione di altri due colleghi ai quali non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato il 20 maggio. «Siamo al paradosso: invece di formare i navigator e dare assistenza ai centri per l’impiego finiremo noi a chiedere il reddito» ha detto uno dei precari intervenuto al presidio organizzato ieri davanti alla sede centrale dell’agenzia in Via Guidubaldo del Monte a Roma da tutte le sigle sindacali: il sindacato di base autorganizzato Clap, il coordinamento dei precari, Cgil, Cisl e Uil. Un fatto nuovo in una vertenza importante che dura da mesi.

QUESTO È SOLO UNO dei paradossi che il ministro del lavoro Di Maio, e Domenico Parisi, il presidente italo-americano dell’Anpal, non intendono al momento sciogliere. Siamo infatti all’inizio di una catena potenziale di eventi drammatici per 642 persone, di cui 520 collaboratori in scadenza l’anno prossimo e 122 lavoratori a tempo determinato. A partire da luglio, insieme all’assunzione dei tremila «navigator» il cui contratto scadrà tra due anni, formeranno l’agenzia con il record di precariato: il 90 per cento del personale. Se Di Maio e Parisi non decideranno di stabilizzare persone che, in molti casi, hanno esperienze decennali, si inizierà a parlare di «esuberi». Ecco la seconda devastante contraddizione che investe i tempi determinati. «Il decreto dignità doveva superare la precarietà a partire dalle aziende di stato – osserva il coordinamento dei precari – Anpal servizi è invece la dimostrazione che stiamo diventando disoccupati. È la prova che non si sta stabilizzando nelle aziende di stato».

NON È FINITA QUI: nei meandri caotici del neo-istituito «workfare» all’italiana che non tarderà a far conoscere gli aspetti autoritari, è prevista la stabilizzazione solo per circa 25 persone su 122 per un milione di euro. A tale fine è previsto un ennesimo un concorso che prefigura una competizione tra gli attuali «td» per prendere un posto che già hanno e per il quale hanno fatto altri concorsi. Ancora sconosciuto è l’uso che l’Anpal vuole fare di 25 milioni di euro già stanziati. Vanno usati per le stabilizzazioni dicono i precari che hanno ricevuto la solidarietà degli assessori al lavoro di Piemonte, Toscana, Umbria e Friuli, da Chiara Gribaudo e Teresa Bellanova del Pd, Annamaria Bernini (Forza Italia) Stefano Fassina (LeU) intervenuto al presidio. Parisi non li ha incontrati. Ieri i lavoratori sono stati ricevuti da delegati aziendali. La prossima settimana è previsto un nuovo incontro. Se le risposte non arriveranno per chi termina il contratto «continueremo la lotta, e metteremo in discussione l’assistenza tecnica ai beneficiari del reddito e ai centri per l’impiego» sostiene il coordinamento dei precari. In pratica: «Nuovi scioperi».

L’INCREDIBILE STORIA dei precari dell’Anpal è il simbolo di un sistema che produce precari a mezzo precari. L’interminabile serie di paradossi di cui sono involontari protagonisti è così riassumibile: chi aiuta i precari a cercare un lavoro, è più precario di loro e sembra destinato alla disoccupazione. E ancora: un sistema che, formalmente, è stato concepito per essere «contro il precariato», materialmente lo moltiplica. E, invece di eliminare i contratti precari, elimina i precari e ne crea di nuovi. È la vecchia legge che abbiamo conosciuto dagli anni Novanta. È stata dilatata a dismisura negli ultimi dieci grazie alla crisi: si aboliscono i precari, non la precarietà. Quest’ultima, come sarà evidente da qui a un anno, poco più o poco meno, sarà implementata a dismisura da quel sussidio pubblico in cambio di lavoro e mobilità obbligatoria chiamato «reddito di cittadinanza». Nel frattempo sarà entrato in funzione il sistema di digitalizzazione dei dati e piattaformizzazione della domanda e offerta di lavoro prefigurato dalla governance algoritmica e ispirata alle regole del lavoro digitale dei rider o l’e-commerce di Amazon. Se non funzionerà, aumenterà solo il tasso di disoccupazione. Nel frattempo sarà realizzata la più grande raccolta dati (data mining), di raffinamento (smart data) e profilazione si più di un milione di persone. Per ora. Viviamo in un sistema del capitalismo di piattaforma, e dei suoi duplicati statali, in cui nulla è casuale.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento