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Quinto casco blu ferito in Libano. E Israele minaccia anche le ambulanze

Gli abitanti del quartiere di Basta a Beirut recuperano i propri averi dalle macerie foto Epa/Wael HamzehGli abitanti del quartiere di Basta a Beirut recuperano i propri averi dalle macerie – foto Epa/Wael Hamzeh

Intanto a Gaza Nuovi spari su Unifil che insiste: la bandiera dell’Onu continuerà a sventolare nel sud del Libano. Bombe israeliane su tutto il paese

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 13 ottobre 2024

Siamo al quinto casco blu ferito in tre giorni nel contingente Unifil, al confine tra Libano e Israele, dopo che la missione Onu, dice il portavoce Andrea Tenenti, si è rifiutata di abbandonare le proprie posizioni, come chiesto da Israele.

LA FORZA di interposizione delle Nazioni unite in Libano non ha arretrato di cinque chilometri verso nord, in territorio libanese, cosa che faciliterebbe un’eventuale invasione di terra israeliana sul lato del mediterraneo. «Le forze israeliane ci hanno chiesto di abbandonare le nostre posizioni lungo la Linea Blu, dalla frontiera fino a cinque chilometri dalla Linea (…), ma è una decisione unanime quella di mantenere le posizioni, perché la bandiera dell’Onu sventoli in questa zona», ha spiegato Tenenti.

La sua assenza rappresenterebbe un vantaggio bellico per l’esercito di Israele, che potrebbe stringere le milizie di Hezbollah in una tenaglia, entrando contemporaneamente da sud-est (dove si sta già aprendo dei valichi e ha già fatto delle incursioni) e sud ovest, avvicinandosi a Tiro, roccaforte strategica del Partito di Dio sul Mediterraneo. «Il conflitto tra Hezbollah e Israele non è solo un conflitto tra due paesi, ma molto presto potrebbe diventare un conflitto regionale con un impatto catastrofico per tutti», ha ribadito Tenenti.

In occasione della conferenza nazionale degli enti locali di Forza Italia Tajani ha detto che «la situazione è molto delicata e continuiamo ad avere garanzie dal governo di Israele che non ci saranno rischi per i nostri militari, però quello che è accaduto è inaccettabile e lo ripeto, i militari italiani non si toccano anche perché non sono terroristi ma uomini e donne portatori di pace». Il contingente Unifil conta 10mila soldati di 46 nazioni; il contingente italiano contribuisce con 1300 soldati: i feriti sono tra le unità srilankesi e indonesiane.

Ammorbidisce i toni il ministro italiano quando menziona l’indagine interna di Israele sugli spari contro Unifil: «Stiamo garantendo in tutti i modi possibili la loro incolumità e vedremo quali saranno i risultati dell’inchiesta che il governo israeliano ha deciso di avviare per verificare cosa successo esattamente».

L’ESERCITO israeliano, tramite il suo portavoce Avichay Adraee, ha minacciato ieri di voler sparare anche sulle ambulanze se necessario. Ha accusato Hezbollah di «usare le ambulanze per trasportare combattenti e armi. L’esercito israeliano prenderà le misure necessarie contro ogni veicolo che trasporta elementi armati, non importa se è o no un’ambulanza». Una pratica già ampiamente diffusa in Libano in questa guerra, così come a Gaza.

Venerdì l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni unite ha rilasciato un comunicato in cui evidenzia la morte di oltre 100 medici e soccorritori, uccisi dall’esercito israeliano in Libano dall’inizio della guerra. C’è un’ampia cronaca di attacchi a postazioni mediche, soccorritori, ambulanze, caserme dei vigili del fuoco e ad altri enti civili registrata in dodici mesi.

E continuano gli attacchi fuori dal perimetro del Libano del sud e della valle della Bekaa, a est. Ieri sono stati colpiti i due paesini di Maaysra, a Kesruoan, regione mista e a maggioranza cristiana, zona poco a nord di Beirut, e quello di Barja, nello Chouf, regione in cui convivono drusi, sciiti e cristiani. A Maaysra il bilancio è di cinque morti e 14 feriti, a Barja di quattro morti e 14 feriti.

Le forti detonazioni hanno destabilizzato aree relativamente finora preservate dalla guerra e hanno creato il panico, soprattutto quella di Maaysra, avvertita per tutta la costa, fino a Batroun. Nel giorno dello Yom Kippur, il più solenne e sacro per gli ebrei, giorno dell’espiazione dei peccati e della riconciliazione, la guerra non si ferma. Bombardati villaggi nelle aree di Marjayuneh, Tiro, Nabatiyyeh, Bint Jbeil nel sud.

Soltanto tra le 18 e le 19.30 locali l’esercito israeliano ha attaccato i villaggi di Haris, Qaouzah, Chhour, Zebqine, Aitit, Rchaf, Yater, Tayr Harfa, Alma el-Chaab, Kfarchouba, Jabal Sadana e Chebaa. Ieri sera il cuore della città di Nabatiyyeh, città simbolo per Hezbollah, il quartiere del suq, del mercato, ha subito pesanti bombardamenti.

HEZBOLLAH da parte sua ha rivendicato nelle stesse ore un attacco contro la caserma israeliana di Maale Golani e a Kfar Guiladi, nel nord di Israele. In serata, attacchi in direzione di basi militari nella periferia settentrionale di Haifa. I razzi esplosi in direzione sud dalla milizia sciita ieri hanno superato i trecento. «Strettamente proibito» l’accesso alle comunità nel nord di Israele di Zerait, Shomara, Shtula, Natua e Eben Menachem.

C’è una grande preoccupazione tra i libanesi per gli scenari possibili di questa guerra e i rapporti sociali sono certamente più tesi di prima. La società tiene ancora, ma i segnali in altre direzioni non mancano.

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