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«Quel che era rimasto in piedi ad Aleppo non c’è più. Gli sfollati vivono in strada»

«Quel che era rimasto in piedi ad Aleppo non c’è più. Gli sfollati vivono in strada»La torre del castello di Aleppo – Haroutioun

Siria/Terremoto Intervista a padre Haroutioun. «Facciamo la nostra parte per aiutare chi ha perduto tutto ma non basta. Senza la fine delle sanzioni non sarà possibile fare di più per la popolazione»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 9 febbraio 2023

Aleppo città martire, colpita da bombardamenti durante la guerra in Siria e ora devastata delle tre scosse di terremoto che hanno ucciso migliaia di persone e distrutto decine di migliaia di edifici nella Turchia meridionale e nel nord-ovest della Siria. La popolazione della seconda città siriana per importanza, nota per la sua bellezza e una lunga storia, lotta per sopravvivere e superare questa nuova dura prova. Accanto alle Ong e alle autorità locali, anche le Chiese cristiane partecipano all’assistenza degli abitanti gettati dal sisma nella disperazione. Ad Aleppo è presente anche il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari. Ieri abbiamo raggiunto al telefono ad Aleppo padre Haroutioun, un francescano impegnato negli aiuti ai terremotati, per avere un quadro della situazione nella città.

Padre Haroutioun, quali sono le condizioni di Aleppo e della sua popolazione dopo le scosse di terremoto che hanno fatto tremare Turchia, Siria e altri paesi del Medio oriente.

La gente sta nelle strade sotto la pioggia, nel freddo e nel buio della notte. Ci sono persone accampate nei giardini pubblici con delle coperte. Stringono nelle mani solo piccole borse con poche cose essenziali e aspettano chi può offrire loro un po’ di aiuto e sostegno. Bisogna considerare che la scossa è arrivata in piena notte. Erano passate da poco le 4. Ero sveglio nonostante l’ora perché era tornata l’elettricità (ad Aleppo come nel resto della Siria la corrente elettrica è disponibile solo per poche ore al giorno, ndr) e ne avevo approfittato per lavare i piatti, per fare la lavatrice. All’inizio, dopo la prima scossa, ho pensato a una esplosione, a una bomba, poi ho capito che era un terremoto. Mi sono precipitato in strada come tutti gli altri. Tanti abitanti presi dal panico sono usciti da case e palazzi con addosso abiti leggeri, qualcuno non ha fatto in tempo a mettersi le scarpe. Intere famiglie ora trovano un riparo solo nelle automobili. Altre non sanno dove andare e restano all’aperto. Proprio in questi giorni fa molto freddo, le temperature continuano a scendere anche sotto lo zero. Perciò abbiamo subito annunciato che nella nostra chiesa avremmo accolto le persone per ripararle dal freddo e dalla pioggia e così hanno fatto molte altre chiese.

Può darci un bilancio provvisorio delle vittime del sisma e dei danni?

Fino a ieri si parlava di circa 600 morti, più di 1.500 feriti e innumerevoli dispersi. So anche di un prete greco cattolico morto sotto le macerie. Queste cifre però sono aumentate nelle ultime ore e temo che cresceranno ancora nei prossimi giorni. Un primo calcolo approssimativo dava per crollati completamente oltre 50 palazzi. Centinaia di altri sono rimasti danneggiati e fra questi alcuni stanno crollando mettendo a rischio la popolazione. Tenete presente che tanti edifici erano già stati danneggiati negli anni passati dalla guerra (dal 2011 in poi, ndr) e in non pochi casi sono stati i primi a sbriciolarsi quando c’è stato il terremoto. In quei palazzi, malgrado fossero pericolanti, vivevano i più poveri, ora non hanno più neanche quel tetto. Qui in Siria, non solo ad Aleppo, la situazione è di estrema precarietà per una buona porzione della popolazione. Scarseggia il carburante, quindi non c’è riscaldamento, mancano tanti beni di prima necessità. Non bastasse già questo, le autorità hanno dovuto chiudere la rete idrica in alcune parti della città perché il terremoto ha spaccato i tubi e tra l’acqua dispersa e la pioggia che cade copiosa si rischia di aggravare le condizioni di chi è vivo sotto le macerie. In tutto questo facciamo la nostra parte, come è avvenuto durante la guerra. Distribuiamo quello che possiamo a partire da cibo e coperte. Abbiamo tre conventi nella città e tutti e tre accolgono gli sfollati. Nel nostro convento parrocchiale al centro della città ci sono circa 500 persone e nel collegio Terra Santa, che si trova in periferia circa 2000. Ma non basta e senza la fine delle sanzioni (economiche internazionali contro la Siria, ndr) non è possibile fare di più per aiutare la popolazione. Vediamo il flusso di aiuti diretto alla nostra afflitta vicina Turchia, mentre alla Siria è pressoché impedito ricevere sostegno o aiuto.

Ha avuto modo di verificare la situazione nella città vecchia di Aleppo che è patrimonio dell’umanità, già danneggiata durante gli anni della guerra.

Ieri (martedì) sono passato per la città vecchia e il castello di Aleppo. Ho visto purtroppo che tutto ciò che era pericolante o in parte danneggiato a causa della guerra, è stato ridotto in macerie dalle scosse di terremoto. Le due piccole torri del castello sono state colpite gravemente. Beni storici e culturali che erano rimasti in piedi per secoli, prima a causa della guerra e ora per il sisma, sono stati distrutti in parte o completamente. Dovremo recuperare quelle pietre che rappresentano la storia di questa città e i siti archeologici ma ora dobbiamo occuparci degli esseri viventi perché manca l’essenziale per la sopravvivenza della popolazione. Abbiamo notizia anche di danni subiti dai luoghi di culto, non solo ad Aleppo. Una nostra chiesa sempre nel nord-ovest del paese è completamente distrutta e un convento è gravemente danneggiato. Anche una chiesa di Latakiya (sulla costa mediterranea, ndr) ha subito danni gravi. Eppure, anche lì stiamo assistendo la popolazione.

 

 

 

 

 

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