Dal 1975, la città di Cernobbio, sul lago di Como, è sede del cosiddetto «Forum Ambrosetti» o anche proprio «Forum Cernobbio». Un incontro internazionale – la denominazione ufficiale è «Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive» – che prende il nome dall’omonimo studio di consulenza milanese, fondato dal varesino Alfredo Ambrosetti nel 1965. Classe 1931, il Cavaliere del Lavoro Ambrosetti ha alle spalle, oltre che un’esperienza giovanile di manager alla Edison, una lunga carriera lavorativa presso le più importanti aziende degli Stati Uniti e del Canada, dalla Ibm alla Ford, passando per General Motors, Kodak, Standard Oil (ora Exxon). Un «uomo del sistema», insomma, con le relazioni giuste nel gotha dell’economia e della finanza internazionale.

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LO STUDIO Ambrosetti è un «gruppo professionale» composto da 300 professionisti che offre consulenza e supporto a più di 1200 imprese, nazionali e multinazionali. Oltre al «Forum di Cernobbio», che si svolge solitamente nella prima settimana di settembre, organizza anche un «Forum di economia e finanza» e dei «Summit internazionali» finalizzati a «stimolare il dialogo tra imprese, governi e istituzioni in Italia e nel mondo». Una cerniera tra istituzioni, capitalisti ed economisti mainstream. Negli anni, l’appuntamento di Cernobbio, che si svolge a porte chiuse – vige la Chatham House Rule inventata dalla diplomazia imperiale britannica negli anni Venti, la regola per cui le opinioni espresse dai partecipanti potranno essere divulgate solo in forma anonima – ha ospitato capi di stato e di governo, ministri ed economisti di tutto il mondo, qualche premio Nobel. Una «Davos italiana», è stata definita da qualcuno, dove ogni sessione, per rendere la cosa più solenne, viene introdotta dal suono di un gong, battuto ogni 30 minuti da un uomo in livrea bianca.

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L’EVENTO, che si svolge in formato «phygital» (in parte in presenza, in parte da remoto), con costi per la partecipazione digitale che vanno dai mille ai seimila euro, è cresciuto tantissimo col tempo, tanto da influenzare le politiche pubbliche, dettare l’agenda dei governi, più di quanto non lo facciano i partiti e i sindacati, le associazioni e la società civile. «Realizziamo più di 200 Studi e Scenari strategici, indirizzati a Istituzioni e aziende nazionali ed europee», si legge sul sito della società che promuove l’annuale appuntamento, presentato pomposamente come «un’occasione unica di dialogo per i protagonisti della scena politico-economica internazionale».

DI VOLTA IN VOLTA tra gli ospiti, c’è anche qualche voce critica (Yanis Varoufakis e Joseph Stiglitz, per citare due presenze recenti), ma le ricette per l’economia sono sempre all’insegna dell’ortodossia neoliberista. Economia e capitalismo sono la stessa cosa. Ciò che serve è garantirne la riproduzione. La politica non deve porsi il problema della trasformazione dell’esistente ma mettersi al servizio dei rapporti economici dati. Ci pensano gli «economisti», nelle occasioni come quella di Villa d’Este, a spiegare ciò che «scientificamente» bisogna fare per garantire la continuità, la «resilienza», lo sviluppo dell’unica forma di economia possibile.

VIENE ALLA MENTE il Marx de La misera della filosofia: «Dicendo che i rapporti attuali – i rapporti della produzione borghese – sono naturali, gli economisti fanno intendere che si tratta di rapporti entro i quali si crea la ricchezza e si sviluppano le forze produttive conformemente alle leggi della natura. Per cui questi stessi rapporti sono leggi naturali indipendenti dall’influenza del tempo. Sono leggi eterne che debbono sempre reggere la società». La conclusione: «In questo gli economisti assomigliano ai teologi». Ecco, forse per questo la liturgia di Cernobbio è scandita dal suono del gong, come negli antichi templi pagani.

L’ANNO SCORSO all’appuntamento ha fatto capolino anche il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky con un videomessaggio. «Grazie alle aziende italiane interessate al mio paese», è stato uno dei passaggi del suo intervento. Dove c’è guerra c’è ricostruzione, d’altra parte. Quindi affari. L’anno prima, però, ad aprire i lavori del Forum era stato Vladimir Putin, con una lettera letta in sala dalla giornalista Rai Monica Maggioni. Non c’era ancora la guerra e il capo del Cremlino solo di lì a poco sarebbe diventato un odioso «autocrate». Quest’anno? Per adesso sappiamo solo che il comune ha vietato lo svolgimento de l’Altra Cernobbio, promossa annualmente da Sbilanciamoci!