Economia

«L’altra Cernobbio», avversario povero da vent’anni

Tavoli di lavoro durante l’Altra CernobbioTavoli di lavoro durante l’Altra Cernobbio

Lanzichenecchi Dal 2003 a Bagnoli agli ultimi anni in riva al lago. Ospitati anche un paio di big di Confindustria. L'anti-seminario si farà ma a Como, a confortevoli sei chilometri di distanza

Pubblicato più di un anno faEdizione del 29 luglio 2023

«L’Altra Cernobbio» si farà. Non nella cittadina sulla sponda ovest del lago ma a sei chilometri di distanza, a Como, l’1 e il 2 settembre. Il titolo è «La strada maestra. Ambiente, diritti, lavoro, pace: la nostra Costituzione», e a partecipare saranno economisti, attivisti, amministratori, sindacalisti e studiosi impegnati da sempre nella ricerca di un’alternativa possibile allo stato delle cose presenti: una rassegna di idee e di volti ben noti ai lettori di questo giornale.

L’appuntamento si rinnova ormai dal 2003, quando a Bagnoli andò in scena la prima «ControCernobbio», organizzata dalle decine di realtà che nel 1999 diedero vita alla campagna Sbilanciamoci, per un’economia di giustizia e un nuovo modello di sviluppo fondato sui diritti, l’ambiente, la pace.

L’onda era ancora quella lunga delle manifestazioni e delle discussioni nate durante il G8 di Genova, con l’aggiunta della guerra di Iraq e delle sue ricadute ben visibili anche in Italia: il governo Berlusconi aveva appena deciso di aumentare le spese militari e, soprattutto, di cancellare la legge 185 sul commercio delle armi, dando un impulso non da poco all’industria bellica nazionale. Da segnalare, tra le altre cose, come questi incontri abbiano sempre avuto un carattere plurale e non siano mai state rassegne univoche di gente capace solo di applaudirsi a vicenda: prova ne sia, ad esempio, l’edizione del 2004, alla quale partecipò anche Guidalberto Guidi, amministratore delegato della Ducati Energia, già vice presidente e consigliere della giunta di Confindustria.

Nel 2006, a Bari, con la quarta edizione del forum venne introdotto un tema ancora oggi centrale per la sinistra italiana, quello dei beni comuni, mentre l’anno successivo, a Marghera, venne affrontata la questione dello sviluppo locale: «Riparte così dal Nordest italiano la critica della società civile al neoliberismo. Marghera, città simbolo della devastazione ambientale sviluppista, sarà per quattro giorni al centro del confronto fra politica e società civile sui temi dell’ambiente, della pace, dell’economia, della solidarietà».

È nel 2009, poi, che per la prima volta l’iniziativa si svolge a Cernobbio, e anche in quell’occasione fu toccato un argomento che ancora oggi fa discutere: la crisi economica e le sue vie di fuga. E così, mentre all’Ambrosetti il governo (sempre targato Berlusconi) elencava quelli che riteneva fossero grandi successi in materia di economia, quelli di Sbilanciamoci spiegavano che il peggio non era ancora arrivato e che tanti altri posti di lavoro sarebbero stati perduti.

Un anno fa, ancora a Cernobbio, il focus era incentrato sull’economia «per le persone e il pianeta», con puntate sulla guerra, la necessità di uscirne al più presto, le sempre crescenti disuguaglianze e la transizione ecologica. Scrivevano gli organizzatori: «La pandemia ha arricchito ancora di più i privilegiati e reso più poveri chi sta ai margini della società. In questi anni i governi, anche il governo italiano, hanno alimentato i mercati senza regole, la finanza speculativa, le diseguaglianze, lo sfruttamento del lavoro, l’indebolimento delle politiche pubbliche e del welfare, le privatizzazioni, l’arricchimento dei privilegiati. L’agenda dei governi è stata quella del neoliberismo. La nostra è quella del cambiamento sociale, dei diritti, della pace, dell’ambiente, dell’intervento pubblico». Nello stesso momento, all’Ambrosetti, davanti a una platea che rappresentava «cinquanta trilioni di dollari», alla vigilia delle elezioni che avrebbero incoronato Giorgia Meloni, c’era un confronto tra i leader delle principale forze politiche italiane (tutti presenti, tranne Giuseppe Conte, videocollegato). L’applausometro, ricordano le cronache, premiò Carlo Calenda. Qualche giorno dopo gli elettori non furono altrettanto buoni con lui.

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