Siccome come molti amici sanno io giro molto per l’Italia, sono ottimista. Perché, tutto calcolato, trovo che la società reale è meglio di come appare se si leggono solo i giornali o si segue il dibattito parlamentare. Ogni volta per questo mi viene voglia di raccontare quello che ho visto e sentito.

State tranquilli, cercherò di contenermi, ma almeno dell’ultima riunione cui ho partecipato voglio raccontarvi, perché è stato il primo bilancio di un lavoro che ho visto crescere, una delle parecchie esperienze di costruzione sul territorio di reti entro cui collaborano soggetti sociali diversi. Ne è nato un «sindacato di strada», ma con un orizzonte più largo di quello sindacale e infatti ha coinvolto anche molti ragazzi fino ad ora estranei a ogni precostituita forma organizzativa. Soggetto motore: «Quarticciolo Ribelle», il gruppo di bravissimi compagni che già erano attivi sul territorio ma sono cresciuti perché sono intelligenti e anche pieni di buona volontà.

IL NOME che si sono dati non è casuale. Traduce la vocazione che questo pezzo di Roma ha manifestato già durante la Resistenza, quando i nazisti non osavano neppure avvicinarsi, per timore della banda del Gobbo di Quarticciolo. Una memoria ancora vivissima quando ci misi piede io per la prima volta alla fine degli anni Quaranta, e scoprii questo quartiere grazie al Fronte della Gioventù, formazione in cui entrai anche io come tanti altri ai primi passi della nostra scoperta del mondo.

A QUARTICCIOLO scoprimmo molto, innanzitutto un passato partigiano particolarmente importante, ricordato tutt’ora da un piccolo parco intitolato a Modesto Di Veglia, combattente del gruppo Bandiera Rossa.
Scoprimmo proprio qui anche un’altra bella cosa nuova: come anche Tiburtino III, questo era diventato la meta di una nuova generazione di architetti che impararono a fare bene il loro mestiere dai grandi maestri Quaroni e Ridolfi, che qui avevano disegnato i primi immobili dei neo-progetti di edilizia popolare.

Oggi «Quarticciolo Ribelle», è un gruppo di coraggiosi ragazzi che si è messo in testa di cambiare tutto sul proprio territorio, e lo sta facendo. Un fenomeno ignorato, anzi calpestato dalla narrativa ormai generalizzata che impera a Roma come altrove a proposito delle zone povere, le borgate. Ecco l’ultima che ho trovato, di Striscia la notizia, proprio a proposito di Quarticciolo, che sarebbe luogo di: «Risse, lanci di bottiglie, droga consumata alla luce del sole, spaccio». Niente altro. E però indicazione esaltante per il Ministro dell’interno: inviare più polizia.
Di questo “altro” vorrei parlarvi, e cioè dell’incontro cui ho partecipato qui l’altra sera organizzato dai «ribelli».

L’APPUNTAMENTO è nella «casa di quartiere» e già questo è un segnale positivo: c’è dunque, innanzitutto, sia pure un po’ sgangherato, un luogo dove ci si può incontrare e progettare. Si è lì per fare un bilancio di quanto si è riusciti a fare nell’ultimo periodo, siamo una trentina, seduti tutti attorno nello spazio aperto e siamo la rappresentazione visiva del primo successo raggiunto: siamo una rete, quella che Landini auspica per il sindacato ma che è già più vasta perché i soggetti non sono solo sindacali (meglio la Fillea soprattutto all’inizio). Essenziali Pietro Vicari che si è sempre occupato della palestra e del coordinamento, e Alessia Pontoriero, che ha affrontato subito anche altri problemi. E poi c’è Serena Olcuire, dottoressa di ricerca in urbanistica presso la facoltà di ingegneria di San Pietro in Vincoli, Mauro Lengo, funzionario della Lega delle Cooperative, Daniela Patti, segretaria romana della nuova Associazione fondata da Fillea e Spi, di cui Rossella Muroni, ex presidente di Lega Ambiente, è ora la presidente nazionale: «Nuove ri-generazioni». C’è anche Carlo Cellamare, figura chiave delle battaglie per ridisegnare il territorio in tutti i suoi aspetti, alla luce di una vera transizione ecologica, sociale ed economica. Carlo è docente alla facoltà di ingegneria, ma viene chiamato «urbanista di strada», e questo appellativo ci dice già tutto: lui non sta chiuso nelle aule, gira, ascolta, aiuta la periferia a non essere più città di serie B, consiglia cosa si deve fare per ripensare tutto, sviluppo locale, promozione dei quartieri, riqualificazione urbana.

Nei loro interventi tutti insistono sulla necessità che Marx indicava al giovane movimento operaio dei suoi tempi: l’inchiesta. Per conoscere i bisogni reali, così come per rivitalizzare le proprie risorse.
Per la giornata di oggi – tappa di un lungo percorso – è stato stampato il numero 0 Anno I, 2 marzo 2024, di un Murale giornale, sotto titolo: «Insieme tutto è possibile, Quarticciolo alza la voce».

Vista sul Quarticciolo foto di Daniele Napolitano

NELLE PAGINE, numerose, c’è anche la pianta del quartiere sulla quale sono indicati tutti gli obiettivi programmati così come quelli già raggiunti. Fra questi anche una microstamperia e un laboratorio di birrificazione, per indicare che occorre liberare il territorio dagli appalti fumosamente messi all’asta dalle istituzioni per portare chissà chi e che cosa nel quartiere, e invece ripartire da qui, dalle competenze e dai bisogni che il quartiere esprime per ripensare un’economia che al posto della rapina delle grandi filiere parta da quanto già c’è ma non ce la fa, inventandosi un’economia di prossimità, circolare, fatta di piccole unità produttive. La più urgente: quella per i servizi. E poi altri progetti, oltre la preziosa palestra popolare da cui tutto è partito, il laboratorio urbanistico, il doposcuola, i presidi sanitari.

LE ISTITUZIONI non ci sono, restano vuote, sorde, immobili, tocca alla comunità stimolarle, dirigere, controllare, non basta intervenire confermando quello che il libero mercato vuole. (Io questo lo chiamo «sciopero a rovescio», lo facevano i braccianti nel sud, ma noi anche a Primavalle, i giovani però non sanno neanche cosa sia). La comunità qui ha persino elaborato un piano per la riqualificazione complessiva, e l’ha intitolato, per l’appunto, «Abbiamo un piano».
E ora l’obiettivo più vicino, quello perseguito sin dall’inizio : la comunità energetica. Preparata con le assemblee di scala che hanno coinvolto gli inquilini, molti anziani, titolari del diritto di chiedere i pannelli, e i giovani più capaci di spiegare il che fare. Non si è riusciti ancora a farla perché qui tutto dipende dall’Ater, l’organismo pubblico che amministra gli appartamenti, gran parte dei quali sono qui in locazione per assegnazione e non in proprietà e tutto diventa più difficile. Ma il progetto adesso l’hanno approvato, un passo avanti.

Sono certa che i «ribelli» ce la faranno. E se riuscissimo a mettere in piedi mille esperienze come questa di Quarticciolo forse avremmo fatto un bel passo avanti sulla via della rivoluzione necessaria a cambiare sistema attuale. La rivoluzione oggi è indispensabile, perché occorre cambiare il modello generale del sistema in cui viviamo che non è vero che sia vincente, è in crisi, perché non ce la fa più a concedere quel tanto che avevamo strappato nei decenni passati con le lotte, e perciò diventa più cattivo, come capita ai perdenti.

La rivoluzione a partire da Quarticciolo? Badate che prendere palazzo Chigi come Lenin prese il palazzo D’Inverno oggi non servirebbe a niente, perché niente ci troveremmo dentro. La rivoluzione, come ci ha spiegato Gramsci, è oggi più complessa, perché è un percorso, che si avvia però solo se si riesce a costruire «casematte». Quarticciolo sta provando a costruirne una.