Quando Rossana Rossanda, leggendo le carte delle Br, scoprì di «sfogliare l’album di famiglia», Gianluca aveva otto anni e non poteva immaginare che sarebbe toccato proprio a lui «impaginare» quell’album con i relativi grovigli politici e personali. Era marzo 1978, a pochi giorni dal rapimento di Aldo Moro, quando la fondatrice del manifesto scrisse quel celebre articolo su cui sarebbe stato detto tutto e il suo contrario.

Nel frattempo una generazione politica si trovava a fare i conti con l’opzione della lotta armata che avrebbe squassato le vite e le traiettorie di collettivi, organizzazioni, famiglie da lì e per i decenni successivi. Perché comunque, a guerra finita, sarebbero rimasti gli strascichi delle vicende umane di vittime, carnefici e comprimari.

TUTTO CIÒ È DIFFICILMENTE comprimibile in atti giudiziari, risoluzioni politiche, memoriali, schedari di polizia, specialmente quando le storie sono «coinvolte e sconvolte dalla Storia maggiore», come scrive Erri De Luca in una dedica a mo’ di epigrafe a La linea del silenzio (Solferino, pp. 256, euro 17).

Questo libro lo ha scritto Gianluca più di quarant’anni dopo quell’articolo: Gianluca Peciola, educatore professionale e progettista, fin da giovanissimo militante in quella traiettoria che dalla fase finale dell’autonomia romana ha dato vita ai centri sociali, alle tute bianche e al movimento dei disobbedienti, contaminandosi con le pratiche della solidarietà internazionalista, del lavoro sociale, del movimento no global, prima di ancorarsi alle vicende di quei settori della sinistra radicale (è stato anche consigliere provinciale e capitolino) che agiscono nel «campo largo».

Riavvolgiamo il nastro a quella primavera del ’78 quando Peciola ricorda sua cugina che andava via, salutandolo con un bacio sulla fronte prima di salire su una macchina. «Io non la rividi più fino al giorno in cui con mia madre raggiungemmo il carcere speciale di Voghera. Doveva essere l’inverno del 1981».

Dietro il vetro del parlatorio c’era Anna Laura Braghetti, diciassette anni più grande di lui, che proprio nel marzo del ‘78 era entrata in clandestinità. Quando la prendono Gianluca scoprirà che la Laura dei compleanni e delle gite allo zoo, degli abbracci e delle parole, è anche una sconosciuta, una delle Br. «I bambini non respirano in equilibrio sulla soglia tra il bene e il male».

Da quel momento la vicenda di Gianluca sarà anche un corpo a corpo con la «storia maggiore», con l’epoca, ma pure con i misteri della sua famiglia e con l’ingresso della sua generazione in una dimensione politica che doveva fare i conti con un album di famiglia intricato.

SE PER MOLTISSIMI è stato «solo» un duro e serrato confronto politico – si pensi al romanzo L’amore degli insorti di Stefano Tassinari – per Peciola è ancora più complicato. Intanto perché Laura non è sua cugina ma sua sorella e non è l’unico segreto che emergerà nel corso di questo faticoso romanzo di formazione.

«Potevo provare quanto volevo a prendere le distanze dalle azioni di Laura ma, in qualche modo, sentivo che io c’entravo», si legge più avanti: non è una rivendicazione piuttosto l’annuncio dell’inizio di uno scavo di cui questo romanzo autobiografico è molto più di un diario.

Il confronto con Laura sarà il lungo confronto esistenziale e politico fra due persone e due generazioni e la possibilità di scoprire radici familiari anch’esse sagomate dalla «storia maggiore» e dal senso comune con tutta la brutalità di cui sono capaci.

Molteplici piani di lettura scaturiscono da questo lavoro che nasce dall’urgenza di capire scrivendo e, pur nell’irripetibilità di ciascuna vicenda umana, parla anche a un «noi» con gli un album di famiglia scompaginati da una sconfitta storica.