Passiamo ogni giorno dinanzi ai tabelloni delle affissioni comunali e sono desolatamente vuoti; solo alcuni tradizionalisti nostalgici ricorrono ancora alla tipografia e all’attacchinaggio. Non c’è alcun motivo per spendere un solo centesimo per farsi conoscere dall’elettore dal momento che il suo destino politico dipende solo dalla scelta operata in suo favore dal capo partito e dalla sua collocazione nell’ordine di lista. Dunque può stare comodamente a casa o in vacanza. Non deve ricercare voti.
Il lavoro lo fa il meccanismo elettorale che prevede un Parlamento eletto in parte con sistema uninominale ed in parte con sistema proporzionale. Non possono dirsi elezioni ma nomine.

Al cittadino elettore è imposto di votare in maniera obbligatoriamente congiunta il candidato nella parte uninominale e la lista (o la coalizione ad esso collegata)per la parte proporzionale. Con l’aggiunta che se non esprime alcun voto nel proporzionale, questo si attribuisce, pro-quota alle liste collegate. Viceversa , se vota una lista nel proporzionale, la sua scelta si trasferisce automaticamente al candidato uninominale.
Qualcuno ha detto che questo sistema è giusto in quanto assicura la “coerenza” della intenzione di voto del cittadino nonché la cosiddetta “governabilità”.

La prima osservazione è che questo concetto della “governabilità” non c’è in nessuna parte della Costituzione ed il motivo è semplicissimo: perché le elezioni si fanno per trasferire nel Parlamento la proiezione del corpo elettorale, non per stabilire che chi vince prende tutti i posti di potere, anche perché questo sistema come è da decenni sotto gli occhi di tutti, non produce stabilità, si litiga ed i governi si sfasciano più di prima.

La “stabilità” è il frutto della mediazione non della imposizione. Si chiama politica ed è un lavoro affascinante e faticoso. Ma per questa classe dirigente è meglio il mantra “la sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto”. Come nella domenica sportiva. Il destino di un Paese non è una partita di calcio. In ogni caso la china è pericolosissima e siamo giunti al punto di non ritorno.
La seconda osservazione è che quando lo Stato decide cosa e come debba intendersi per “coerenza” siamo vicini alla crisi di una democrazia. Nella Costituzione non c’è la categoria etica dell’obbligo di “coerenza”. E’ una invenzione di chi vuole ridurre le Istituzioni a semplice centro di potere, senza il confronto delle idee. E’ ovvio, invece che ,dovendo esprimere due voti, si può benissimo ritenere coerente il voto sia per un candidato portatore di certe idee che quello per una lista diversa, portatrice di altre idee. Si chiama libertà di pensiero e comporta anche il diritto di essere ritenuti incoerenti.

Invece qui siamo in pieno Grande Fratello che, tradotto in politica vuol dire una sola cosa: la deriva autoritaria, punto e basta.
La considerazione finale: come è noto i Parlamentari – secondo Costituzione – non hanno vincolo di mandato. Ed è giusto perché rappresentano la Nazione, e non il partito e quindi possono esprimere liberamente il loro voto nelle Camere, talvolta per provvedimenti presentati dal loro gruppo parlamentare, dal Governo o anche dalla parte avversa, secondo coscienza, si dice. Possono addirittura trasmigrare dalla forza politica per la quale sono stati eletti ad un’altra opposta. E poi passare ad un altra, quante volte si vuole senza problemi. Insomma sono liberi, come dice la Costituzione e come è giusto.

Ed allora la domanda è :perché il parlamentare nominato può essere totalmente libero di esprimere la propria idea, di cambiarla e di essere incoerente, mentre l’elettore deve essere soggetto ad un “vincolo del mandante” e ad una “coerenza imposta” senza poter scegliere liberamente se e chi votare?

La risposta l’ha data in una scena memorabile il Marchese del Grillo: “Perché io so’ io e voi …”. E sappiamo come è finita.
Solo una grande mobilitazione popolare e democratica può invertire la rotta. Si può iniziare domenica 25 settembre chiedendo – al momento del voto- al Presidente di seggio di verbalizzare comunque una formale protesta contro questa legge elettorale, come ha proposto il senatore Felice Besostri.