«Siamo soddisfatti» dice Matteo Orfini che con la sua Left Wing ha organizzato il seminario sulla legge elettorale al quale ieri tutti i capi corrente del Pd sono arrivati a parlar bene del sistema proporzionale. «C’è sintonia – racconta Orfini – anche sull’esigenza di provarci davvero». Non adesso, però, quando mancano ormai solo dieci mesi alle elezioni. Provarci forse in estate, dopo le amministrative.

Ma intanto è notevole che Franceschini, Guerini, Orlando e Zingaretti abbiano ripetuto, con accenti solo lievemente diversi, che la proposta giusta per questa fase politica sia il proporzionale. «Conviene al paese e conviene a tutte le forze politiche» è l’argomento con il quale adesso si corregge il tiro rispetto alle uscite di qualche settimana fa. Quando il ritorno di fiamma per il proporzionale era motivato con convenienze interne, con il fatto che la coalizione Pd-M5S scricchiola. «Conviene anche al centrodestra», ha argomentato pragmatico ieri Franceschini, perché consente una campagna elettorale «vera e non su finte coalizioni» e perché con l’attuale Rosatellum si può vincere «con una maggioranza risicata che non è utile a nessuno».

Il messaggio è per Forza Italia, prigioniera degli alleati. Ma soprattutto per Salvini il quale prima o poi potrebbe decidersi di non voler lavorare per la vittoria di Meloni. Il momento giusto, a ben vedere, potrebbe essere proprio questo, con i rapporti tra Lega e Fd’I ai minimi termini e il centrodestra diviso anche alle prossime amministrative. La novità di ieri è stata la presenza al seminario di Marco Meloni, coordinatore della segreteria di Enrico Letta che così ha dato il placet al tentativo proporzionale. «Una legge elettorale che abbia questo impianto credo sia opportuna», ha detto.

A condizione, ha aggiunto Meloni, «di non perdere l’orizzonte bipolare» e «l’unità delle forze di centrosinistra», vale a dire il rapporto con M5S. Letta, che ripete sempre quanto il Rosatellum sia «la legge peggiore» ma che per realismo ha «scommesso» da molto tempo che il parlamento non riuscirà a cambiarla, resta un fan del maggioritario. E dunque condivide poco dell’analisi di Left Wing e di molti ormai nel Pd per cui il proporzionale serve per consentire ai partiti di definirsi e recuperare un rapporto con gli elettori, oltre che a fare un passo verso la rappresentatività del parlamento messa in scacco dal taglio dei parlamentari.

In ogni caso non siamo ancora al momento di concretizzare. La proposta proporzionale resterà ancora a dormire in prima commissione alla camera, per quanto il presidente Brescia ne abbia chiesto di nuovo ieri il risveglio. Nell’attesa che il centrodestra si scongeli, perché la legge elettorale non si fa a maggioranza, come hanno detti ieri tutti, in particolare il ministro (capo corrente) Guerini. E ancor di più perché la maggioranza non c’è, come ha ricordato in un convengo parallelo (del Coordinamento per la democrazia costituzionale) il capogruppo Leu Fornaro: «Pd, Leu e 5 Stelle hanno solo 252 deputati e 118 senatori». Ammesso e niente affatto concesso che tutto il Pd voti per la proporzionale.

Né si può sperare in una spinta della Corte costituzionale alla modifica del Rosatellum, come altre volte è stato. L’avvocato Besostri che ha ottenuto due vittorie contro Porcellum e Italicum al Cdc ha spiegato che malgrado ritenga «sicuramente incostituzionale» la legge in vigore, portarla in tribunale è diventato difficile perché l’avvocatura di Stato (dunque il governo) ha cominciato a chiedere pesanti condanne alle spese in caso di rigetto.

Situazione bloccata, dunque, in attesa di tempi migliori o di intenzioni più conseguenti. Il paradosso è che in questo momento la legge elettorale è forse l’unico tema sul quale la grande maggioranza del Pd e il Movimento 5 Stelle sono del tutto d’accordo. «Noi abbiamo sempre sostenuto il proporzionale – ha detto Conte, dimenticando per la verità almeno un paio di giravolte – mi sembra che nel Pd ci siano aperture, vediamo se ci sono i numeri». Al momento la risposta è no.