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Pronti per Israele F 35 e bombe made in Usa. A Gaza nuove stragi

Pronti per Israele F 35 e bombe made in Usa. A Gaza nuove stragiGaza. Corpi di palestinesi uccisi nei bombardamenti – Ap

Davanti agli occhi Le commissioni esteri di Camera e Senato Usa hanno dato il via libera a una vendita di armi per Tel Aviv da 18 miliardi di dollari. A Gaza almeno 25 persone sono state uccise tra lunedì e ieri.

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 19 giugno 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

«È inconcepibile che l’Amministrazione (Biden) abbia trattenuto armi e munizioni per Israele», ha protestato Benyamin Netanyahu con Antony Blinken durante l’ultimo incontro tra i due qualche giorno fa. Però il segretario di stato Usa, ha aggiunto il premier israeliano, «mi ha assicurato che l’Amministrazione sta lavorando giorno e notte per rimuovere questi colli di bottiglia». Tel Aviv chiede, Washington concede. Due esponenti democratici di primissimo piano, il deputato Gregory W. Meeks della Commissione esteri della Camera, e Ben Cardin, peso massimo nella Commissione esteri del Senato, hanno dato il via libera ad una vendita di armi a Israele, che comprende 50 jet F-15 per un valore di oltre 18 miliardi di dollari. Lo rivela il Washington Post, precisando che il passo è frutto della pressione dell’Amministrazione Biden che intende garantire un flusso costante di armi ad Israele. I due parlamentari hanno firmato la transazione già diverse settimane fa e ora il Dipartimento di Stato può procedere con la notifica al Congresso. Se sarà approvata, verrà ricordata come una delle più grandi vendite di armi Usa a Israele negli ultimi anni. Solo qualche mese fa Meeks aveva pubblicamente promesso di sospendere il pacchetto a meno che non avesse ricevuto assicurazioni su come gli aerei da guerra e le munizioni sarebbero stati utilizzati da Israele a Gaza. Senza dimenticare che, come scrive su Just Security Charles O Blaha, direttore dell’Ufficio per la Sicurezza e i Diritti Umani del Dipartimento di Stato dal 2016 al 2023, nel caso di Israele viene aggirata la legge Leahy che vieta agli Stati uniti di fornire materiale militare a forze straniere che hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, come torture, sparizioni forzate, uccisioni extragiudiziali. L’Amministrazione, ad esempio, non ha mai fatto seguire azioni concrete alla minaccia di sanzionare il battaglione israeliano Netzah Yehuda, formato da religiosi ultraortodossi, accusato di gravi violenze e brutalità a danno di palestinesi.

Non mancheranno perciò bombe e missili per gli aerei e proiettili per l’artiglieria delle Forze armate israeliane impegnate a Gaza e che presto potrebbero superare la linea blu con il Libano e avanzare fino al fiume Litani per spingere lontano dal confine i combattenti di Hezbollah. Nella Striscia almeno 17 persone sono state uccise e decine ferite da un raid aereo contro una casa e alcuni negozi nel campo profughi di Nuseirat. Colpita anche un’abitazione a Bureij. A Rafah, di cui le forze israeliane affermano di controllare il 70%, continua l’avanzata dei reparti corazzati ai quali si oppongono combattenti di Hamas, Fronte popolare, Jihad islami e di altre formazioni armate palestinesi. Si combatte anche a Zaytun dove l’esercito israeliano ha lanciato una nuova offensiva. Il motivo è che non riesce ad avere il controllo pieno di questo sobborgo di Gaza city situato a breve distanza dal Corridoio Netzarim, la strada che taglia da est a ovest in due la Striscia e che, con la Salah Edin che corre da nord a sud, offre all’esercito israeliano la possibilità di muoversi con rapidità in ogni punto di Gaza.

Il costo in vite umane è alto. Il ministero della Sanità ha aggiornato ieri a 37.372 il totale dei palestinesi uccisi dal 7 ottobre, in gran parte sono civili. Almeno 25 persone sono state uccise tra lunedì e ieri. Va avanti così da otto mesi. Tante famiglie sono state cancellate in parte o del tutto dai bombardamenti. L’agenzia Ap (Associated Press) ha analizzato 10 attacchi nella Striscia di Gaza da ottobre e dicembre che hanno ucciso oltre 500 persone. 60 famiglie hanno perduto almeno 25 membri. Come la Al Agha (31 membri), la Doghmush (44) e soprattutto la Salem (173) colpita due volte a dicembre. La Ap ricorda anche i massacri avvenuti nei campi di Jabaliya e Maghazi, rispettivamente con 130 e 106 morti. Liste di morti che si allungano ogni giorno non solo per i bombardamenti e le cannonate. Feriti e ammalati gravi sono tra le vittime più frequenti in questi giorni in cui il caldo afoso dell’estate diffonde infezioni e aggrava le condizioni dei più fragili. L’Oms ha chiesto l’evacuazione immediata all’estero di circa 10.000 palestinesi feriti, malati oncologici, dializzati e cardiopatici gravi che non possono essere curati a Gaza dove il sistema sanitario funziona in minima parte e gli ospedali, con poche eccezioni, non sono operativi. Ad impedire l’uscita di feriti e malati è la chiusura del valico di Rafah da oltre un mese, da quando è stato occupato dalle truppe israeliane.

Resta in bilico, sempre più vicina a una escalation totale la situazione al confine tra Israele e Libano dove si moltiplicano gli attacchi con razzi e droni di Hezbollah e i raid aerei e gli «omicidi mirati» di Israele. L’inviato di Biden in Medio oriente, Amos Hochstein, dopo qualche ora in Israele, ieri è arrivato a Beirut per tentare di evitare un conflitto che Washington non vuole. In Israele si levano con più forza le voci di coloro che invocano l’invasione del Libano del sud. Alla quale Hezbollah risponderebbe lanciando decine di migliaia di razzi in territorio israeliano. Il movimento sciita ieri ha ricordato le sue potenzialità diffondendo un video di 10 minuti, girato da un drone, della città di Haifa, delle sue installazioni produttive e militari e di una base navale israeliana.

 

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