Portovesme, gli operai bloccano i camion
Lavoro Un'assemblea per decidere nuove iniziative di lotta si è trasformata in un corteo dall'ingresso principale della Portovesme srl ai cancelli dei mezzi pesanti
Lavoro Un'assemblea per decidere nuove iniziative di lotta si è trasformata in un corteo dall'ingresso principale della Portovesme srl ai cancelli dei mezzi pesanti
Continua la mobilitazione degli operai della Portovesme srl. Ieri mattina, terminata l’assemblea plenaria per decidere come proseguire nella lotta dopo il flop del vertice sulla vertenza venerdì scorso al Ministero per le imprese, i dipendenti che la Glencore ha messo in cassa integrazione hanno bloccato l’uscita dei camion che, carichi di galena (il principale materiale che alimenta l’impianto) tentavano di far uscire dallo stabilimento la materia prima.
Il ministero ha convocato a Roma per questa settimana i vertici della Glencore (i manager svizzeri, non quelli della controllata Portovesme srl presenti al summit fallito). In attesa quindi che Glencore, dal suo quartier generale di Baar, nel cantone Zugo, risponda, la fabbrica è occupata, con gli operai in assemblea permanente. E a San Gavino, dove c’è la fonderia per piombo, zinco, oro e argento, i lavoratori restano accampati, con le tende, sui tetti dello stabilimento.
Dall’assemblea di ieri è venuta la richiesta alla Glencore di fare chiarezza sulle sue reali intenzioni. Da diversi mesi il gruppo ha fatto sapere che vuole cambiare assetti produttivi. Intende riconvertire la produzione passando dal piombo e dagli altri metalli alle batterie al litio-cadmio, nuova frontiera in vista della svolta verso le energie green che la Ue dichiara di voler perseguire. Il sospetto degli operai è che Glencore voglia tagliare il personale impiegato nella vecchia linea produttiva per poi utilizzare l’organico “asciugato” nella realizzazione di batterie. Se così fosse, il costo troppo elevato dell’energia che Glencore dice essere il motivo del blocco degli impianti e della cassa integrazione sarebbe solo un paravento. Un’ipotesi avvalorata dal fatto che, con le condizioni proposte venerdì dal governo (credito di imposta al 45 % e compensazioni legate alla gestione della rete di distribuzione dell’energia elettrica da parte di Terna) Glencore verrebbe a usufruire di una tariffa molto favorevole: 55 euro a kilowattora contro uno standard sul mercato di 124 euro. Se nonostante questo i manager del cantone Zugo restano fermi sulla loro linea, è più che lecito pensare che il problema vero non sia il costo dell’energia.
Ma non ci sono solo le responsabilità di Glencore. C’è anche la scarsa incisività dell’azione del governo. «Il ministro Urso – dice il senatore del Pd Silvio Lai – brilla per l’assenza di qualsiasi visione di politica industriale». E il segretario regionale del Prc Enrico Lai aggiunge: «La battaglia politica deve porre la centralità del ruolo dello Stato e del pubblico sui temi dell’energia e della produzione. È attraverso una programmazione pubblica su vasta scala che è possibile salvare l’apparato produttivo e rilanciarlo».
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