Porsche sgomma nel bosco
Grandi opere La casa automobilistica ha siglato un accordo con la Regione Puglia per ampliare un complesso di piste in Salento, abbattendo un bosco di lecci secolari. I comitati protestano e l’«affaire» finisce in tribunale
Grandi opere La casa automobilistica ha siglato un accordo con la Regione Puglia per ampliare un complesso di piste in Salento, abbattendo un bosco di lecci secolari. I comitati protestano e l’«affaire» finisce in tribunale
Via il bosco secolare tutelato per legge. La Puglia dà l’ok a Porsche per ampliare la pista automobilistica in Salento. La partita ora è tutta giudiziaria. Per i comitati sarebbe stata violata la normativa sulla partecipazione del pubblico, non sarebbero state considerate tutte le alternative possibili a dislocare il progetto e le compensazioni sarebbero inidonee. A ciò si aggiungono vincoli paesaggistici e ambientali, superati dalla dichiarazione di pubblica utilità rilasciata dalla giunta regionale.
SONO QUESTI I PRINCIPALI MOTIVI per cui il comitato Custodi del bosco d’Arneo e l’associazione Gruppo di intervento giuridico hanno annunciato ricorso – ancora da definire se ordinario o straordinario – per chiedere l’annullamento delle autorizzazioni con cui la giunta regionale ha dato il via libera al progetto di ampliamento di Porsche in Salento. La battaglia per difendere il bosco d’Arneo, 500 ettari tra i comuni di Nardò e Porto Cesareo (Lecce), è iniziata quest’estate. Le nuove piste, 9 in totale, pensate dalla casa automobilistica entro i prossimi 10 anni, ricadranno su un’area boschiva tutelata da Rete Natura 2000 e dichiarata Sito di interesse comunitario col nome di Palude del Conte-Dune di Punta Prosciutto.
IL PIANO DI SVILUPPO INDUSTRIALE del Nardò Technical center, che punta a diventare il fiore all’occhiello dell’automotive, dove testare le auto del futuro, dall’elettrico ai veicoli a guida autonoma, è stato dichiarato dalla giunta regionale di rilevante interesse pubblico. Nella delibera, a firma del presidente Michele Emiliano, è stata riconosciuta «la ricaduta positiva per l’intero territorio regionale» delle proposte avanzate dalla multinazionale. Tra queste «la realizzazione di un centro di elisoccorso attrezzato con eliporto e annesse strutture sanitarie che – fa sapere la Regione – potrebbe essere integrato nel sistema sanitario regionale per fronteggiare le emergenze e garantire la sicurezza sanitaria» e «l’implementazione di un centro di sicurezza antincendi che funzionerebbe sia a servizio del centro prove che per le aree boscate e quelle protette». L’ente fa sapere che «rappresentano un’importante opportunità per il territorio regionale, da un punto di vista sanitario, ambientale, sociale ed economico».
IL BOSCO, DA SMANTELLARE, VERRÀ riprodotto in modo frammentario con la piantumazione di nuovi alberi e piante. Ma non tutte le specie, i cui dati secondo gli ambientalisti sono ancora approssimativi, verranno ripiantate. Al momento si sta procedendo all’esproprio di 350 ettari di terreni dislocati in punti diversi ed esterni all’area gestita da Porsche. La decisione di ricadere su aree private, 134 i proprietari, non è piaciuta ai contadini che protestano per continuare a coltivarle. La Regione nel frattempo assicura che verranno realizzate «opere di rinaturalizzazione e forestazione naturalistica finalizzate alla valorizzazione paesaggistica ed ecologica del territorio; un centro visite polifunzionale e corridoi ecologici connessi a itinerari ciclopedonali ai fini di uno sviluppo turistico eco-compatibile».
PER IL COMITATO «CUSTODI DEL BOSCO d’Arneo «il modo in cui il programma è stato sviluppato e gestito finora contraddice i principi chiave del diritto nazionale e internazionale in materia di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. L’analisi in corso di molteplici documenti evidenzia il rischio di un crimine ambientale: un santuario secolare è destinato a essere devastato e sostituito altrove da un’area boschiva di nuova formazione e frammentata. Sebbene le responsabilità delle autorità italiane siano evidenti, è importante sottolineare l’incapacità di Porsche di sostenere gli stessi principi che promuove».
QUELLO CHE È CERTO È CHE LA TUTELA dell’area protetta è stata superata dalla dichiarazione di interesse pubblico dell’opera. L’accordo tra pubblico e privato ha incluso ambiti, come quello sanitario e della sicurezza, non inerenti all’automotive e al business di Porsche ma ritenuti di pubblica utilità. Il tutto – secondo il comitato – a discapito «della perdita dell’habitat protetto, dell’aumento del consumo di suolo, del rumore e dell’impatto ambientale».
LA QUESTIONE È STATA ANCHE RIPORTATA dall’europarlamentare Rosa D’Amato ad ottobre in un’interrogazione al Parlamento europeo. E, qualche giorno fa, si è svolta un’audizione presso la V commissione del Consiglio regionale in cui il vicepresidente Cristian Casili ha dichiarato: «Siamo al cospetto della più grande trasformazione mai subita dal territorio. Riguarda un bosco plurisecolare di lecci. Mi chiedo come possano essere adempiute le prescrizioni e gli aspetti compensativi e di mitigazione, se nella fase ex ante non si riesce a comprendere qual è il numero di querce secolari interessate. Questa non è una presa di posizione ideologica – ha detto – occorre un’attenta e legittima analisi di tutta la procedura perché riteniamo che ad essere toccato sia l’ultimo lembo di bosco della foresta oritana».
LA CONTROVERSIA È DESTINATA a proseguire in tribunale. È stato annunciato il ricorso dal comitato Custodi del bosco d’Arneo e dal Gruppo di intervento giuridico. Verrà impugnata la deliberazione di giunta regionale della Puglia, del 31 luglio 2023 n. 1096, con cui è stato approvato lo schema di accordo di programma, nonché tutti gli atti endoprocedimentali. A loro avviso non sarebbero state garantite l’informazione e la partecipazione pubblica nel processo decisionale «su opere, progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità regionale». Restano irrisolti vari interrogativi. Il primo: perché un Paese che per Costituzione tutela salute e ambiente si trova ancora a dover preferire l’uno all’altro? E, ancora, si ha davvero bisogno di accettare che una società straniera realizzi l’ampliamento di una pista automobilistica, a scapito di un bosco di lecci, per ottenere assistenza sanitaria e sicurezza sul territorio?
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