Pierluigi Bersani ci aveva provato dagli studi di La7 lunedì sera, un ultimo appello al Pd per salvare il campo largo: «Innanzitutto bisogna chiedersi chi andrà a votare – il suo ragionamento -. Perché stando ai dati delle ultime amministrative, l’astensione è diffusa tra chi ha difficoltà economiche. In quella fetta di popolazione c’è la questione sociale. E allora la domanda da farsi è: diciamo qualcosa a queste persone o vogliamo fare un governo senza popolo?». Quindi la conclusione: «Penso, non da oggi, che si sarebbe dovuto lavorare in quest’anno e mezzo per comporre un campo progressista con Pd, ambientalisti, sinistra e M5s. Io mi sento alternativo a chi propone flat tax, aliquota unica Irpef, a chi vuole cancellare il reddito di cittadinanza, a chi dice no al salario minimo, allo ius scholae, allo ius soli, al ddl Zan e alla legge sul fine vita».

Ma il treno della campagna elettorale ormai è partito e il segretario dem, Enrico Letta, l’ha già messo su un binario divergente rispetto ai pentastellati. Ieri mattina alla direzione del Pd ha detto: «Chiedo di darmi mandato su tre criteri: andare a discutere con forze politiche fuori dal trio della irresponsabilità e che portino un valore aggiunto. Poi, spirito costruttivo senza veti». Nel trio dell’irresponsabilità, al primo posto, ci sono i 5S con Giuseppe Conte seguiti a ruota da Fi e Lega. Relazione approvata all’unanimità, applausi, sipario. Tutto finito? Dalle varie sponde di Liberi e uguali si continuava a sperare in una ricomposizione tra i due ex maggiori azionisti del campo largo, complice il fatto che sui territori l’alleanza è ancora operativa.

Così, dopo il padre nobile di Art 1 Bersani, ieri mattina si è fatta sentire la capogruppo di Leu al Senato, Loredana De Petris: «La destra, dopo aver litigato per quattro anni ed essersi divisa sulla fiducia a due governi, si presenterà unita alle elezioni. Il centrosinistra, dopo aver lavorato per tre anni alla costruzione di un’alleanza di programma e progetto in grado di competere per la guida del Paese, sceglie di buttarla alle ortiche in poche ore senza una vera divisione sul voto di fiducia». Per poi attaccare i dem: «La scelta del Pd è semplicemente un suicidio politico, come i sondaggi attestano. Il danno che rischia di essere fatto al Paese e alle fasce di popolazione più deboli è enorme. Ci sarebbe ancora tempo per fermarsi sull’orlo del burrone, mettere in campo quell’alleanza di centrosinistra con il M5s che avevamo costruito con pazienza e intelligenza politica, sconfiggere nelle urne Meloni e Salvini. Ma sembra che il Pd sia invece deciso a sacrificare l’unica possibilità di uscire vincenti dalle urne».

E Stefano Fassina: «Letta ha lealmente riconosciuto la proficua collaborazione con i 5s durante il Conte II. Purtroppo tutte le rilevazioni di voto attribuiscono una larghissima vittoria alla destra. In tale scenario, il segretario del Pd indica pragmaticamente l’obiettivo di un’alleanza elettorale tecnica con i vari partiti del centro e del centrodestra, ossia un’alleanza dovuta alle pessime caratteristiche del Rosatellum, non da convergenze politiche. È incomprensibile la preclusione verso i 5s, pur dal punto di vista di chi ha radicalmente dissentito dal comportamento del Movimento al Senato il 20 luglio scorso. Così andiamo al naufragio. Il 13 agosto (entro il 14 vanno depositati i simboli ndr) è ancora lontano, anche il M5s si dovrebbe far sentire per provare a riaprire una discussione per l’alleanza tecnica con il Pd».

Il Movimento però, dopo le giornate di scontro frontale con i dem, ieri sera ha rotto il silenzio con Conte che ha chiuso la partita: «Correremo da soli». Nel pomeriggio anche il leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, ed Europa verde, Angelo Bonelli, che andranno insieme al voto, si erano schierati per il dialogo. «Vogliamo assolutamente lavorare per costruire l’alleanza più ampia possibile, compreso il Movimento, mentre con Letta siamo al lavoro per colmare le distanze – aveva spiegato ieri Bonelli -. Abbiamo necessità di costruire un fronte democratico perché dall’altra parte c’è un polo sovranista che non fa questioni di principio». E Fratoianni: «Di fronte a questa destra, che rappresenta le peggiori lobby, serve un esame di coscienza per costruire la più larga convergenza. Continuo a rivolgermi ai principali protagonisti, Letta e Conte, affinché si ricostruisca un filo del dialogo».