«Non c’è nulla, assolutamente nulla, che suggerisca che si sia trattato di un attacco intenzionale alla Polonia» ha dichiarato il presidente polacco Andrzej Duda a proposito del missile che ha colpito il suo Paese martedì pomeriggio. I vertici polacchi e Jens Stoltenberg, il Segretario generale della Nato, hanno tenuto nella mattinata di ieri una riunione d’urgenza per concordare i termini della dichiarazione sull’incidente che ha tenuto il mondo in sospeso per qualche ora.

«LE DIFESE UCRAINE stavano lanciando i loro missili in varie direzioni ed è altamente probabile che uno di questi missili sia sfortunatamente caduto in territorio polacco» ha spiegato Duda. Tuttavia, la posizione comune dei membri dell’Alleanza atlantico è ben riassunta dalla chiosa del Segretario generale Jens Stoltenberg «non è colpa dell’Ucraina; la Russia ha la responsabilità finale», in quanto il missile ucraino lanciato dalla contraerea di Kiev sarebbe comunque una reazione al massiccio attacco missilistico condotto da Mosca.
In precedenza si era espresso anche il presidente degli Stati uniti, Joe Biden, il quale aveva affermato durante il G20 di Bali che è «improbabile, in base alla traiettoria, che (il missile, ndr) sia stato lanciato dalla Russia, ma staremo a vedere». Tuttavia, «farò in modo di scoprire esattamente cosa è successo», aveva aggiunto Biden in tono minaccioso. Anche perché, oltre ai vicini baltici e alla Repubblica ceca, diversi politici europei si erano subito schierati a favore della responsabilità totale della Russia e avevano invocato provvedimenti rapidi e decisi. Il che appare un comportamento quantomeno pericoloso in un momento in cui la diretta applicazione dell’articolo 5 dello statuto della Nato avrebbe potuto provocare la Terza guerra mondiale. Ricordiamo, infatti, che se la Russia avesse deliberatamente preso di mira la Polonia, avrebbe rischiato di coinvolgere la Nato nel conflitto.

IN ITALIA, ad esempio, il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, ha scritto sul proprio profilo Twitter: «A fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico, carico di tensione e di paure. Quel che succede alla Polonia succede a noi». Dieci minuti dopo era stato ancora più duro il leader di Azione, Carlo Calenda: «La follia russa generata dalle pesanti sconfitte continua. Siamo con la Polonia, con l’Ucraina e con la Nato. La Russia deve trovare davanti a sé un fronte compatto. I dittatori non si fermano con le carezze e gli appelli alla pace».

Per fortuna, fin da subito gli Stati uniti avevano invitato alla cautela raffreddando decisamente i bollenti spiriti che da una parte all’altra del Vecchio continente esigevano la gogna. Del resto, Mosca, tramite il suo ministero degli Esteri ha subito accusato la Nato di «provocazione deliberata» e «messa in scena». In un secondo momento il Cremlino ha accusato prima la Gran Bretagna e poi la Germania di essere tra i possibili artefici dell’attacco, condotto a bella posta durante il G20 per screditare la Russia. L’incidente, secondo il dicastero di Lavrov, era stato progettato per biasimare la Russia e impedire i processi di pace o, addirittura, distruggere la Federazione. Ieri, secondo Associated Press, un portavoce del ministro della difesa russo Shoigu ha dichiarato che nessuno dei missili russi di martedì è stato lanciato a meno di 35 km dal confine tra Ucraina e Polonia.

Il Cremlino ha aspramente criticato le reazioni iniziali di Varsavia e di altri Paesi europei e, cosa più unica che rara, ha lodato la «reazione contenuta e molto più professionale» del presidente Biden. Anche se ieri il segretario della Difesa Usa Austin abbia dichiarato che, nonostante i missili fossero ucraini, «Kiev ha tutto il diritto di difendersi». Ma fino a quando potrà funzionare la strategia ucraina non è chiaro e neanche il capo dello Stato maggiore congiunto di Washington, Mark Milley, sembra aver più molta fiducia nei futuri successi dell’Ucraina. «La probabilità di una vittoria militare che cacci via tutti i russi dal Paese, inclusa la Crimea, è molto bassa». Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha poi rincarato la dose: «Abbiamo assistito a un’altra reazione isterica, frenetica e russofobica che non si è basata su alcun dato reale». Tuttavia, le agenzie di stampa subito dopo l’incidente riportavano la versione di un anonimo funzionario Usa secondo il quale si trattava di missili russi.

KIEV, DAL CANTO SUO, ha chiesto accesso immediato al sito dell’esplosione. Oleksiy Danilov, capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina ha scritto su Twitter che «un esame congiunto dell’incidente» è necessario per chiarire le dinamiche senza ambiguità. Anche la Germania e il Regno unito hanno lanciato appelli per un’indagine approfondita degli eventi. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha dichiarato che «questo non sarebbe successo senza la guerra russa contro l’Ucraina, senza i missili che ora vengono sparati contro le infrastrutture ucraine in modo intensivo e su larga scala».
E difatti questo incidente ha attirato tutta l’attenzione dei media e delle opinioni pubbliche internazionali facendo passare in secondo piano il fatto che almeno 10 milioni di persone ieri sono rimaste senza corrente elettrica per diverse ore e che, a quasi 9 mesi dall’inizio della guerra, circa il 40% delle infrastrutture energetiche ucraine è stato distrutto.